venerdì 6 ottobre 2017

Poble armat, poble respectat




Non è certo specialmente in questi giorni di “avvenimenti pressanti” che ci siamo posti la questione del cosiddetto “indipendentismo”, che riguardi la Catalogna o qualsiasi altro territorio del mondo. Parlare di “indipendentismo”, a nostro parere, dovrebbe generare una questione assai più significativa e reale: da che cosa si dovrebbe essere indipendenti? La risposta, in definitiva, non è poi così complessa. La “Spagna” è uno stato “sovrano” imposto, come tutti gli altri. Non è meno imposto dell'Italia, della Francia, della Nigeria, della Cina o di tutti gli altri. Gli “stati”, quali che siano gli ordinamenti politici e i regimi che sono andati reggendoli nel tempo e nei frangenti storici, hanno tutti una cosa in comune: vivono sull'annullamento della multiculturalità, sull'oppressione della vita, sulla repressione linguistica, sull'attacco sistematico e mortale alla biodiversità. Questo vale per la penisola Iberica come per qualsiasi territorio del mondo, ivi compreso il nostro; e se è giusto parlare di colonialismo, non bisogna scordare che ogni stato, in sé e per sé, è portatore di un colonialismo “interno” frutto di prevaricazioni, guerre, sfruttamento e teorie “unitaristiche” che risentono tuttora dei nazionalismi ottocenteschi.

Limitandoci qui al continente europeo, la formazione dei suoi “stati” è avvenuta invariabilmente così; e, ovviamente, bisogna anche tenere preciso conto che gli “stati” europei hanno mutato fisionomia, consistenza e ampiezza. Molti di essi sono del tutto scomparsi nel tempo, anche vasti e importanti (si pensi solo all'impero Austroungarico, alla Jugoslavia, allo “Stato della Chiesa”, alla DDR...) Questo vale anche per la “Spagna”, che si è venuta a formare da un dato “nucleo storico” che, via via, ha inglobato tutti gli altri territori. Territori spesso diversissimi per lingua, per cultura e per tradizioni (intese come sistema reale di relazioni all'interno di una data comunità, e non certamente come la vuota esteriorità spacciata dai fascismi più o meno foraggiati dalle varie chiese di qualsiasi “dio”). Dal punto di vista formale e storico, la Catalogna è stata indipendente, o stato sovrano, per centinaia di anni e fino all'inizio del XVIII secolo; fu annessa alla “Spagna” soltanto nel 1714.

Ciò che regge gli “stati” non è in realtà una presupposta “cultura comune” e men che mai una data lingua letteraria (al momento dell'unità d'Italia, nel 1860, l'italiano letterario era compreso e usato solo dal 2% della popolazione di allora, secondo i dati analizzati da Tullio De Mauro). Lo si vede allora come ora. Ciò che regge gli “stati” è esclusivamente l'economia, il profitto. La repressione attuale del “democratico” stato spagnolo, sotto la patina dell' “unità nazionale” e dell' “indivisibilità della patria” basata su una “costituzione”, non fa neanche più di tanto per nascondere quello che è il vero problema: il denaro. Gli scenari catastrofici, ben spalleggiati da tutta l' “Unione Europea”, sono tutti a base di terrorismo economico, di banche che lasciano la Catalogna, di “guerra civile” che in realtà sarebbe guerra di soldi, come sempre. Il Banco Sabadell, una delle principali banche catalane, già lascia la Catalogna per trasferire la sua sede a Alicante; secondo “El Mundo”, quotidiano spagnolo di punta, il ministro dell'economia Luis de Guindos già sta preparando un decreto-legge per facilitare la fuga delle aziende dalla Catalogna. In pratica, secondo tale decreto, con un semplice voto del consiglio di amministrazione di un'azienda si renderebbe operativo lo spostamento della sede sociale. Lo scopo è chiaro: se andate avanti con l'indipendenza, vi strangoliamo economicamente. Fine della storia.

Gli “stati sovrani” sono figli e amanti del capitale. Possono o meno, a seconda delle circostanze del momento, servirsi di vari bracci armati, dalle forze armate alle chiese, dai banchieri ai fascismi. La facile obiezione è, naturalmente, che anche una Catalogna, in fondo, desiderebbe essere a sua volta uno “stato sovrano”, indipendente, e senza nemmeno comprendere tutti i territori di lingua e cultura catalana (il Rossiglione francese, il Valenciano, le Baleari, Andorra e perché non anche Alghero in Sardegna...). Una Catalogna che “non farebbe parte dell'Unione Europea”, vale a dire del sistema di controllo economico e bancario “sovranazionale”, il club dal quale, però, qualcuno se ne vuole andare e lo fa. Quando però all' “Unione Europea” fa molto comodo dividere uno “stato”, non ci pensa due volte e magari col corollario di qualche centinaio di migliaio di morti: si veda l'ex Jugoslavia. Allora nessuno si preoccupava così tanto della “guerra civile”. Hanno lasciato fare in nome del marco tedesco, c'est l'argent qui fait la guerre. Quando c'è da "stigmatizzare il nazionalismo" (in nome magari di un nazionalismo di destra, quello della "Patria") sono tutti antinazionalisti; quando invece c'è da soffiarci sopra, e soffiarci fino a incendiarlo a morte, sono tutti indipendentisti (w la "Croazia nazione" eccetera).

Stavolta, come si vede, dividere la “Spagna” è uno scenario catastrofico. Qui vorremmo ribadire invece che la catastrofe non è né la Catalogna indipendente, né il desiderio di qualche popolo di staccarsi da una varia entità “statale” e dalla sua falsa “democrazia” fatta di soldi: la catastrofe è il capitalismo, ed il suo intero sistema che sta andando in pezzi nonostante le sue grancasse, i suoi burattinai, i suoi media e i suoi servi. Il problema non è la Catalogna e quel che desidererebbe fare di se stessa: il problema è lo spauracchio di una rivoluzione sociale che parta da forze centrifughe, che parta dalla riaffermazione di una biodiversità repressa in ogni ambito, che parta da proposte senz'altro e spesso ancora confuse e contraddittorie, ma che hanno una spinta comune: quella di non fare più parte di un tragico pollaio globale dove alcuni galli dettano le condizioni e le concessioni (tipo “autonomie” o roba del genere). E il capitale, coi suoi re e i suoi economisti, con le sue banche e con le sue polizie, con i suoi giornali e i suoi partiti “democratici”, se ne rende conto. Per questo fa quadrato, quando gli fa comodo, attorno a questo o quello “stato”, oppure lo lascia andare in rovina quando il comodo è diverso. Per questo ciancia di “autodeterminazione dei popoli” quando il dato popolo dev'essere accalappiato nella sua orbita, e di “indivisibilità” quando un dato popolo ne vuole sia pur vagamente scappare. Non bisogna stupirci né se la “democrazia” capitalista, a seconda dei casi, ti manda i poliziotti a manganellarti a centinaia e ti rinchiude in gabbia se vuoi fuggire, oppure se ti organizza la “guerra civile” o i bombardamenti se invece desideri restare assieme; “indipendenze” e “unioni” non hanno valore, quel che conta è esclusivamente tutelare il profitto. In quest'ottica non possiamo quindi che essere a fianco della Catalogna nella sua lotta, che non si esaurirà certo in un referendum. Sarà bene ricordare quel che si leggeva e si legge sia a Barcellona, sia nelle cittadine catalane, che non è una chiamata a una votazione: Poble armat, poble respectat. E non crediamo ci sia bisogno di traduzione. Catalunya lliure!

mercoledì 4 ottobre 2017

DARE LA LUCE AL ROVO (English Version)


GIVE LIGHT TO I' ROVO !

I' Rovo has been operating since February 7, 2015 in via del Guarlone, South Florence. I' Rovo is a squatted and totally self-managed farm located in a public owned estate abandoned and decayed since 20 years or so; we've called it this way, I' Rovo (The Brier), because there wasn't anything but briers when we've taken it. A jungle overgrown with weeds, uncared-for olive trees, a no man's land totally left to drug dealers.

I' Rovo squat originates from a dream: the dream of a land without masters. A dream totally opposite to capitalist exploitation, and so we've set to work since the very first day. As I' Rovo originated and developed from the experiences and activities of a neighborhood collective, it has always tried to establish a direct connection between the population and free production independent from the capitalist “market”. Meanwhile, I' Rovo has also turned into a social and reception space, getting a whole area out of the clutches of drug dealers and criminals, though with several and serious difficulties. Throughout its activity, I' Rovo has been organizing initiatives, solidarity performances, showings, games and amusements.

A land without masters, a dream, a social space. Well yes: but without electricity.

I' Rovo is a squatted area, so it hasn't the right of being connected to the electric network, not even with a regular contract, according to the laws and regulations in force in the Italian state. At present, the old farmhouse located in the Rovo area -a free social space we found in awful conditions and that we have cleaned and renovated with our hands- is provided only with one solar panel running a battery system and only giving basic lighting, which has been bought and installed by the squatters. So, also electricity is self-produced there. Nothing else. No fridge, no sockets, nothing. You can easily understand that even farming works are almost impossible in this situation: just think to the lack of any watering system.

Getting a complete, self-produced solar panel and battery-run electric system costs about 3,500. This plant would allow I' Rovo to become both a full-fledged urban farming squat and a social space truly available to all those who don't want anymore to accept capitalism's logic and praxis. Capitalism is barbarism, and barbarism means also eliminating any possibility of developing effective alternatives.

We're going to organize in the next months a sensitization campaign with several initiatives and performances of various kinds in order to raise the funds necessary to buy and install a complete electric system with solar panels and batteries. You don't give us the light? We'll do everything by ourselves. But we need your help this time.

You may come and visit I' Rovo whenever you want. Come and look with your own eyes, whether you already know I' Rovo even by hearsay or you've never heard anything about it. Whether you totally share our motivations and actions, or you aren't that much persuaded. Whether there's militancy in your past or present lifestory, or you've never thought about it. Whether you are young or aged, we're here to show, explain and tell you about anything you want (in English, too).

GIVE LIGHT TO I' ROVO !


I' Rovo is located in via del Guarlone 25, just before the crossing with Stradone di Rovezzano.
Take ATAF Bus n. 20 and get off at via Comparetti terminus, then walk just 300 m.
Or by train, get off at FS station Firenze Rovezzano and use the pedestrian subway.
For further information, you may also call us at nr (39) 33 88 61 90 29.

In margine alla "Cena Guevariana" del 7 ottobre. Una canzone.


Katerina Gogou.

Di canzoni dedicate a e scritte sul Che Guevara, ce ne sono probabilmente a centinaia, scritte in tutte le lingue del mondo. La più famosa è probabilmente quella scritta da Carlos Puebla nel 1965, che abbiamo riportato anche nel "chiamo" della Cena Guevariana al Fondo Comunista del 7 ottobre. Però, in questo post "in margine", si vorrebbe ricordare quella che, almeno a parere di chi scrive, è la più bella e sconosciuta di tutte. Bella, sconosciuta e differente; è una canzone, seppure esplicitamente dedicata al Che, dove non lo si nomina nemmeno per nome. Lo si chiama solo "compagno".

La scrisse, nel 1977, una poetessa e attrice anarchica greca, Katerina Gogou. Ebbe una vita tragica, tra le violenze subite da ragazzina, l'abuso di alcool e droghe, l'allontanamento forzato della figlia, gli arresti, la militanza, la solitudine; morì suicida il 3 ottobre 1993, nel quartiere di Exarchia ad Atene dove era nata e vissuta. Non è sicuramente un caso che il film più famoso che ha interpretato, Parangelià, sia dedicato alla storia di Nikos Koemtzìs, avvenuta nel febbraio del 1973 (in piena dittatura) in un localaccio ateniese. Non conoscete questa storia? Cliccate sul link e andate a vedere.

In realtà, la poesia scritta nel 1977 da Katerina Gogou sul Che Guevara, di cui allora ricorreva il decennale dell'assassinio, è molto lunga; la potete, se volete, leggere qui nella sua interezza e fareste bene a farlo. E' diventata una canzone, straordinariamente bella sebbene "abbreviata", solo nel 2012, musicata da Nikos Kallitsis e cantata da Martha Frintzila in un album interamente dedicato a Katerina Gogou. La poesia e la canzone si chiamano in greco: A re Syndrofe, "Ah, Compagno".




Ah, Compagno, quanto ci manchi...
Il tempo si è bacato
test nucleari, fronti popolari, bordelli e multinazionali
non ci lasciano amare.
Ah, Compagno, quanto ci manchi,
spie della polizia ci salgono le scale.



Lo sai, che devo dirti, dopo hanno agito assieme,
in Cina, gennaio '77, massacrano operai.
Ah, Compagno, perché non ci stavi attento,
perché non ci stavi attento di più?
Qui è lo stesso. La gente si rinchiude nel proprio guscio.



Ah Compagno, se sapessi che fardello dobbiamo portare,
e così, per quanto stanco, sei andato avanti.
Ah, Compagno, perché non ci stavi attento,
perché non ci stavi attento di più?
Ah, Compagno che non hai tradito,
viviamo nella barbarie.




Ah, Compagno, perché non ci stavi attento,
perché non ci stavi attento di più?
Ah, Compagno che non hai tradito,
viviamo nella barbarie.

Che dire? Prima di tutto è che la canzone parla di un presente, e di un presente che -volendo- è persino peggiorato. Parla di una critica, ma non è una critica al Che Guevara, il "Compagno che non ha tradito" (però, di "compagni" che hanno tradito, ce ne sono fin troppi e lo si constata con sempre maggiore amarezza e rabbia). Parla del presente di allora e di oggi, lontanissima dall'agiografia guevariana che lo ha, in gran parte, trasformato in un simbolo vuoto, una figurina pop senza più tenere conto di quel che il Che è stato realmente, e che cosa ha davvero significato. Parla di noialtri, parla della repressione, parla della barbarie. Anche di quella che stiamo vivendo ora.

Se c'è un appunto, uno solo, che si può fare alle parole di Katerina Gogou, è quel suo pur disperato rivolgersi al Che nel dirgli: "Perché non ci stavi attento di più?" Il Che, eccome che ci è stato attento. Piuttosto, siamo noialtri che ci siamo stati parecchio disattenti; e sarà bene ridircelo accingendoci a ricordare il cinquantenario del suo assassinio. Ridircelo nel macello sociale nel quale ci siamo adagiati, ridircelo cinquant'anni dopo, ridircelo e tornare ad agire di conseguenza.

Non è un caso che una canzone del genere, pur scritta molti anni prima, venga dalla Grecia del 2012. Un paese in cui il massacro sociale, la repressione, il fascismo e il capitalismo internazionale hanno colpito duramente, e continuano a farlo.

Non abbiamo ovviamente la pretesa che, tra le canzoni che saranno cantate da qualcuno sabato prossimo, mangiando arroz con cerdo e congrí oriental, e bevendo canchánchara, ci sia anche questa. Ma un brindisi anche a tutti i compagni che non hanno tradito, ci vorrebbe. A Ernesto Guevara de la Serna e a Katerina Gogou, da Cuba alla Grecia, dalla Bolivia alle Case Minime di Rovezzano, contro la barbarie, contro la disperazione e la repressione. Adelante Compañeros. Εμπρός σύντροφοι. 

DARE LA LUCE AL ROVO! / DONNER LA LUMIÈRE AU ROVO!



DARE LA LUCE AL ROVO !
DONNER LA LUMIÈRE AU ROVO!


Dal 7 febbraio 2015, in via del Guarlone a Firenze sud, esiste I' Rovo. I' Rovo è un'occupazione agricola, in autogestione totale, di terre di proprietà pubblica, lasciate da decenni all'abbandono e al degrado; si chiama così, I' Rovo, perché quando lo abbiamo occupato non c'erano praticamente altro che rovi, erbacce, una giungla, gli ulivi lasciati alla malora, una terra di nessuno lasciata totalmente agli spacciatori.

Lo abbiamo occupato per un sogno: quello di una terra senza padroni. Un sogno del tutto contrario allo sfruttamento capitalista, dove ci siamo messi al lavoro fin dal primo giorno. Nato e cresciuto dalle esperienze e dall'attività di un Collettivo del quartiere, I' Rovo ha cercato di stabilire un rapporto diretto tra la produzione non legata al “mercato” padronale e la cittadinanza. Nel contempo, è diventato anche uno spazio sociale e di accoglienza, togliendo -pur tra mille difficoltà- una zona intera dalle grinfie di spacciatori e dintorni. Al Rovo sono state e sono organizzate iniziative, serate di solidarietà, proiezioni di filmati, giochi.

Una terra senza padroni, un sogno, uno spazio sociale, sì: ma senza luce.

I' Rovo, in quanto occupazione, non ha il diritto di essere allacciato alla rete elettrica, neanche con un regolare contratto: queste sono le leggi e ordinanze in vigore. Attualmente, l'antica casa colonica presente dentro I' Rovo, che è spazio sociale a disposizione di tutti e che è stata ripulita e risistemata con le nostre mani dopo essere stata lasciata in condizioni terribili, è dotata esclusivamente di un pannello solare con batterie, che riesce a fornire soltanto l'illuminazione, e che è stato acquistato e installato dagli occupanti. Autoproduzione anche per quanto riguarda l'energia elettrica. Nient'altro. Non un frigorifero, non una semplice presa, niente. Si capisce che tutto questo rende quasi impossibile anche il lavoro agricolo; si pensi solo alla mancanza di un impianto di irrigazione. Finora abbiamo fatto a tutto a mano, e non solo per la coltivazione.

Per avere un impianto elettrico completo autoprodotto, con un sistema di pannelli solari e batterie, ci vogliono circa 3500 euro. Con questo impianto, I' Rovo potrà diventare sia un'occupazione agricola (in piena città!) sistematica, sia uno spazio sociale veramente a disposizione di tutti coloro che non sono più disposti ad accettare le logiche e le prassi del capitalismo. Il capitalismo è barbarie, e la barbarie si esplica anche togliendo ogni possibilità di sviluppo di alternative valide.

Nei prossimi mesi organizzeremo una campagna di sensibilizzazione, con numerose iniziative di vario genere, per raccogliere la cifra necessaria all'impianto elettrico coi pannelli solari e le batterie. Non ci date la luce? I' Rovo fa da sé. Ma per fare da sé, stavolta abbiamo bisogno dell'aiuto di tutti.

Potete venire al Rovo quando volete, per vedere coi vostri occhi. Sia che già lo conosciate anche solo per sentito dire, sia che non ne abbiate mai sentito parlare. Sia che condividiate in tutto e per tutto le nostre motivazioni e il nostro agire, sia che abbiate delle perplessità. Sia che proveniate da storie di militanza passata e presente, sia che non vi sia passato mai per la mente. Giovani o anziani, siamo qui a disposizione per mostrarvi, per spiegarvi, per raccontarvi.

DARE LA LUCE AL ROVO !

I' Rovo è in via del Guarlone 25, nel tratto subito prima dell'incrocio con lo Stradone di Rovezzano.
Ci si arriva con l'autobus linea 20, capolinea via Comparetti e 300 m a piedi.
O col treno, scendendo alla stazione FS Firenze Rovezzano e prendendo il sottopasso.
Facebook: I' ROVO


Per informazioni potete anche telefonare al n° 33 88 61 90 29.

Il volantino per il "Ferragosto al Rovo" dello scorso 15 agosto

DONNER LA LUMIÈRE AU ROVO !


À partir du 7 fevrier 2015, à Florence sud en via del Guarlone, il y a I' Rovo (La Ronce). I' Rovo est une exploitation agricole, en régime d'autogestion totale, de terres de propriété publique abandonnées et dégradées depuis environ vingt ans; on l'a appelée comme ça, “La Ronce”, parce qu'il n'y avait là en effet que des ronces. Des ronces, une jungle de mauvaises herbes, les oliviers en ruine, un no man's land abandonné totalement aux dealers.

Nous l'avons occupée pour un rêve: le rêve d'une terre sans patrons. Un rêve qui s'oppose radicalement à l'exploitation capitaliste, et où nous nous sommes mis au travail dès le premier jour. I' Rovo est né et s'est développé à partir des expériences et des activités d'un Collectif de banlieue, et a toujours essayé d'établir un rapport direct entre la population et la production s'opposant au “marché” des patrons. En même temps, I' Rovo est devenu aussi un espace social et d'accueil qui a enlevé une zone entière, malgré de nombreuses difficultés, des griffes des dealers et d'autres bandes de malfaiteurs. I' Rovo a organisé aussi, et organise, toute une série d'initiatives, soirées de solidarité, projections d'audiovisuels, jeux.

Une terre sans patrons, un rêve, un espace social, bien sûr: mais sans lumière.

En tant qu'espace occupé, I' Rovo n'a pas le droit d'être connecté au réseau électrique, pas même avec un contrat régulier: c'est à cause des lois et des ordonnances en vigueur dans l'état italien. À présent, l'ancienne maison fermière qui se trouve à l'intérieur du Rovo, qui était en un état horrible et qui a été transformée en espace social pour tous après qu'on l'a nettoyée et arrangée de nos mains, ne peut compter que sur un capteur solaire muni de batteries, qui nous donne seulement un peu d'illumination et qui a été acheté et installé par les occupants. Donc, on nous produit tous seuls même l'énergie électrique; rien d'autre. Pas un réfrigerateur, pas une simple prise de courant, rien. On comprend bien que tout ça rend presque impossible tout type de travail agricole; pensez seulement à l'absence d'un système d'irrigation. Jusqu'à présent, on a tout fait manualement, et pas seulement pour la cultivation.

Pour avoir une installation électrique complète et auto-produite, avec un système de capteurs et batteries, nous avons besoin d'environ 3500 euros. Cette installation nous permettrait de devenir une exploitation agricole systématique (en pleine ville!) et un espace social vraiment disponible pour tous ceux qui ne sont plus disposés à accepter les logiques et les usages du capitalisme. Le capitalisme, c'est la barbarie; et la barbarie s'exerce aussi par l'élimination de toute possibilité de développer des alternatives efficaces.

Dans les mois à venir, nous allons organiser une campagne de sensibilisation, avec de nombreuses initatives de toute sorte, pour recueillir les fonds nécessaires pour l'installation électrique avec capteurs et batteries. On ne nous donne pas la lumière? Bon, I' Rovo va se débrouiller tout seul. Mais, hélas, cette fois-ci nous avons besoin de l'aide de tous pour nous débrouiller tous seuls.

Vous pouvez venir au Rovo quand vous le désirez, si voulez regarder de vos yeux. Que vous le connaissiez déja même par ouïdire, ou que vous n'en ayez jamais entendu parler. Que vous partagiez totalement nos motivations et nos actions, ou que vous soyez un peu perplexes. Que vous ayez déja des histoires de militantisme passé ou présent, ou que n'y ayez jamais pensé. Que vous soyez jeunes ou âgés. Nous sommes là à votre disposition pour vous montrer, expliquer, raconter (même en français).

DONNER LA LUMIÈRE AU ROVO!



I' Rovo se trouve en via del Guarlone 25, à Florence (Italie), juste un peu avant du carrefour avec le Stradone di Rovezzano. On y arrive avec l'autobus 20, terminus via Comparetti et puis 300 m à pied, ou en trein, gare FS Rovezzano en utilisant le passage souterrain.
Facebook: I' ROVO
Pour informations, vous pouvez aussi nous appeler au numéro (39) 33 88 61 90 29

lunedì 2 ottobre 2017

Solidarietà con Anna Maria Frangioni!


SOLIDARIETA' CON ANNA MARIA FRANGIONI !


"Cos'è rapinare una banca a paragone del fondare una banca?"
Bertolt Brecht, "Santa Giovanna dei Macelli"

La signora Anna Maria Frangioni, 45 anni, di Lucca, non ha rapinato una banca. Le ha dato fuoco. La rapina, la stava -come sempre- effettuando la banca stessa.

La banca stava rapinando la casa dei suoi genitori disabili, in particolare la madre ottantaduenne, che non è più in grado di muoversi autonomamente e che ha vissuto tutto questo con enorme dolore oramai arrivata alla fine della sua vita.

Il 25 settembre, Anna Maria Frangioni si è recata alla banca per chiedere un po' di comprensione e la sospensione del pignoramento della casa dei genitori, per garantire loro una fine dignitosa. Come tutte le altre volte si è vista sbattere la porta in faccia.

La signora Anna Maria Frangioni ci è poi tornata, alla banchetta. Ma con un bidone pieno di benzina. La ha sparsa un po' alla rinfusa e ha appiccato un incendio. Grazie all'intervento rapido dei vigili del fuoco, non ci sono state conseguenze gravi per le persone; ma la banca è andata in fumo, come si vede dalla foto.

Lo hanno chiamato un "impeto di follia", quello della signora Frangioni, che è stata arrestata. Noialtri, in questo e in altri casi come questi, non parliamo affatto di "follia". Follia è quella che salva banche assassine e disumane che, da un lato, operano le loro malefatte sulla pelle della gente comune per poi essere "salvate" dal governo che ha dentro la graziosa figlia del banchiere; e, dall'altro, colpiscono invariabilmente chi ha bisogno, in nome di calcoli freddi e aberranti. Tutto questo ha un nome: si chiama capitalismo. Quando diciamo che il capitalismo è barbarie, non è un'astrazione. Il gesto della signora Frangioni ce lo ricorda in un modo assai pratico.

La signora Anna Maria Frangioni è in carcere con accuse di incendio doloso e tentato omicidio. L'omicidio che la sua banca stava coscientemente, premeditatamente operando ai danni dei suoi genitori, invece, non è sanzionato. Tutt'altro. Ed è un omicidio che riguarda tutt* noi.

Nell'esprimere la nostra incondizionata solidarietà alla signora Anna Maria Frangioni e ai suoi genitori, chiediamo che venga immediatamente liberata. Quella della signora Frangioni non è "follia", ma disperazione. Non è un "raptus", ma la logica conseguenza di una presa d'atto. Noialtri non invitiamo a dar fuoco alle banche, ma a farla finita con l'intero sistema che le comporta, e a lottare ogni giorno per questo obiettivo.

Mentre ci parlano di "ripresa economica" con i loro governi, i loro vertici e le loro ciance, la disperazione conduce una persona normale a prendere coscienza e ad agire. Mentre "salvano" le banche, firmano accordi internazionali per una sempre maggiore produzione militare, mentre ci tolgono ogni libertà, mentre trasformano le nostre vite in merce e schiavitù, l'incendio si propaga. E non è soltanto quello di una banca di merda.

Le compagne e i compagni 
del Collettivo del Fondo Comunista
e del Rovo - Per una terra senza padroni.

HASTA LA VICTORIA SIEMPRE! A 50 anni dall'assassinio del Che Guevara


HASTA LA VICTORIA SIEMPRE!
A 50 anni dall'assassinio del Che Guevara in Bolivia
Cena di finanziamento al Fondo Comunista
Sabato 7 ottobre ore 20.30


"TU EJEMPLO VIVE, TU PENSAMIENTO PERDURA"
"Il tuo esempio vive, il tuo pensiero perdura"

Il 9 ottobre saranno 50 anni dall'assassinio di Ernesto Che Guevara in Bolivia. Siamo ben lontani dall'averlo ridotto a "icona pop" o a vuoto simbolo sulle magliette: per noi, invece, il Che rimane quel che era ed è sempre stato. Un rivoluzionario. Un organizzatore. Un uomo che ha lottato duramente per un mondo più giusto: "Tenéis que ser duros sin perder la ternura" (Dovete essere duri senza perdere la tenerezza). Ricordarlo a cinquant'anni dal suo assassinio non è per noi un vuoto esercizio di nostalgia, ma è un impegno per il presente.


"Hasta siempre Comandante" di Carlos Puebla, 1965.

SABATO 7 OTTOBRE AL FONDO COMUNISTA
Ore 20.30

Una CENA DI FINANZIAMENTO per ricordare il Che, lontani da ogni retorica. Perché il Che non vive soltanto nei nostri cuori, ma anche e soprattutto nelle periferie urbane, nelle terre occupate, e dovunque si lotta tutti i giorni con le nostre azioni e coi nostri princìpi contro la barbarie del capitalismo e dei suoi servi. I princìpi che vogliamo ricordare con il discorso che Ernesto Che Guevara pronunciò all'assemblea dell'ONU l'11 dicembre 1964:




CENA CON SPECIALITA' CUBANE 
- Arroz con cerdo (riso e maiale)
- Congrí oriental (vegetariano)
- Tostones (plátanos fritti)
- Canchánchara (bevanda con rum, limone e miele)

AL FONDO COMUNISTA ALLE ORE 20.30

Il Fondo Comunista è in via Rocca Tedalda 277 
(dietro l'ufficio postale)
Capolinea bus 14 via Ripa
Stazione FS Firenze Rovezzano
(treni da Firenze SMN ore 18.22, 19.22, 20.22)
Per informazioni e prenotazioni: 338.8619029
oppure: fondocomunistafirenze@gmail.com

"...Perché ti resti la speranza di non terminare i tuoi giorni senza sentire l'odore della polvere da sparo e il grido di guerra dei popoli." (Ernesto Che Guevara)