sabato 31 maggio 2014

Messaggi di solidarietà al Fondo Comunista




Ci sono pervenuti parecchi messaggi di solidarietà in questi giorni difficili, in seguito allo sgombero dei locali del Fondo operato dalla nardelleria armata la mattina di giovedì 29 maggio. Nell'affrontare la situazione e ribadendo che l'attività e la lotta del Fondo non si fermano, crediamo opportuno postarne qui alcuni, con la coscienza che non si tratta di semplici messaggi, ma di solidarietà attiva e fattiva delle altre realtà antagoniste fiorentine.

SOLIDARIETÀ AI COMPAGNI E ALLE COMPAGNE DEL FONDO COMUNISTA

Come CPA fi-sud vogliamo esprimere la nostra solidarietà nei confronti dei compagni e delle compagne del Fondo Comunista.
Nella mattinata di ieri infatti il Fondo è stato prima perquisito e poi chiuso e sigillato con un'operazione della Questura su ordine del giudice, mentre una compagna veniva denunciata.
Ancora una volta è finito sotto attacco chi si espone dando vita ad un'esperienza politica capace di aprire spazi di discussione oltre che di aggregazione, basando i rapporti sociali su valori quali la solidarietà,  l'antifascismo e lontana da ogni logica opportunistica e di guadagno personale.
Evidentemente peró Comune, Questura e Procura ritengono che in zone popolari e periferiche si debba vivere con rassegnazione un presente e futuro di sfruttamento, e non potevamo aspettarci altro da chi sviluppa le proprie "politiche sociali" tra controllo e repressione.
Per tutto questo ci rendiamo disponibili a prender parte a qualsiasi iniziativa si ponga l'obiettivo di contrastare la chiusura del Fondo Comunista.


SOLIDARIETA' AI COMPAGNI DEL FONDO COMUNISTA

Ieri mattina è stato posto sotto sequestro il Fondo Comunista di via Rocca Tedalda, con l’ intervento in forze di vigili e Digos che hanno minacciato i compagni presenti dell’ arresto se si fossero rifiutati di lasciare il posto; questo attacco segue alla denuncia dello scorso febbraio della presidentessa dell’ associazione di volontariato che vi ha sede, assieme al Movimento di Lotta per la Casa, la nostra sezione e quella della Federazione Toscana, e a tutti gli studenti, operai, disoccupati e gli altri membri delle masse popolari che cercano di organizzarsi per far fronte agli effetti più devastanti della crisi generale e che da oltre venti anni hanno recuperato il Fondo da degrado e abbandono che caratterizzano numerose altre sutture pubbliche e non, per la gioia dello speculatore di turno. Dopo il quarto cambio di serratura fatto di soppiatto in due anni, a cui si è sempre risposto con la riapertura del Fondo, oggi la borghesia usa la Procura e i suoi strumenti repressivi per cercare di chiudere questa esperienza, con il ridicolo pretesto dell’ uso dei locali “a scopo di lucro”; non crediamo proprio che siano usati così il centro di documentazione e l’ archivio, la sala computer, e lo stesso vale per le cene settimanali a sottoscrizione, un momento di riunione e socialità in un quartiere che ne è a dir poco carente: rispediamo questa accusa ai mittenti, coloro che affittano Ponte Vecchio e le cappelle di S. Maria Novella per il sollazzo dei loro ricchi padroni, come se fossero proprietà personali! Nardella non ha fatto in tempo ad accomodarsi in poltrona che subito si distingue con una simile azione repressiva: per lorsignori sono queste le priorità, non i 4 sfratti quotidiani per morosità incolpevole, non l’ emorragia continua di posti di lavoro, non i tagli continui alla Sanità pubblica e le regalie a quella privata in generale e clericale in particolare, non gli altri servizi pubblici lasciati degradare a colpi di privatizzazione come Ataf e Poste, in cui i lavoratori che si oppongono sono colpiti con multe e provvedimenti disciplinari continui! Tutto questo dimostra che la scadenza elettorale è stata solo un episodio del LORO teatrino e che le politiche di attacco alle masse popolari continuano imperterrite; per quanto ci riguarda siamo al fianco dei compagni del Fondo Comunista per ogni iniziativa che riporterà all’ apertura di questo centro di aggregazione, vero antidoto alla desertificazione sociale e promotore dell' autorganizzazione e del protagonismo popolare, in cui ricominciare a studiare, discutere, divertirsi, e organizzarsi. 

Se c’è qualcuno che deve essere sgomberato, è il Nardella ed il suo partito servo di massoni, speculatori, cementificatori, clero e del resto di una borghesia sempre più putrescente, che non vuole – e non può- dare altre risposte che siano repressione, miseria e abbrutimento per le masse popolari!

Diffondiamo e chiediamo la solidarietà per i compagni e le compagne del Fondo Comunista!

Partito dei Carc
Sezione di Firenze

RENZI-NARDELLA LA STORIA E' SEMPRE QUELLA...MANGANELLI E SGOMBERI

Passate le elezioni si torna alla routine renziana. Questa mattina è stato sgomberato il fondo comunista di via Rocca Tedalda. Una occupazione storica in uno dei quartieri più "problematici" di Firenze, una occupazione che da moltissimi anni porta avanti una attività sociale in un quartiere periferico dimenticato da tutti.
La giunta Nardella scopre subito il suo volto di nemico giurato delle classi popolari. Come abbiamo detto più volte in campagna elettorale il PD è ormai un partito al servizio dei poteri forti, da Confindustria alle banche, e non perde occasione per dimostrarcelo.
Il PCL Firenze esprime solidarietà ai compagni ed alla compagne del fondo.

BASTA SGOMBERI, BASTA REPRESSIONE
AL FIANCO DEL FONDO COMUNISTA

PCL FIRENZE 

Valdarno Antifascista esprime solidarietà al fondo Comunista di via Rocca Tedalda, oggetto della repressione poliziesca di chi comanda nella città -vetrina di Firenze.
L'amministrazione comunale pd, assieme alla magistratura, tentano ancora una volta di mettere a tacere una delle realtà di quartiere che in questi anni ha contribuito ad ostacolare  sia i  tentativi  di radicamento del fascismo nelle nostre città, sia nel produrre iniziativa contro l' attuale sistema politico-economico. Il Fondo Comunista rappresenta uno dei tanti esempi, creando momenti di discussione e di confronto, di come dal basso, senza alcuna delega a nessuno,si possa dire ancora NO!
Valdarno Antifascista

venerdì 30 maggio 2014

DALLA RESISTENZA ALL'OFFENSIVA: PER LA COSTRUZIONE DEL FRONTE POPOLARE ANTICAPITALISTA



Il presente documento, preparato dalle Compagne e dai Compagni del Collettivo del Fondo Comunista, non doveva ancora essere reso noto; la sua stesura non è ancora definitiva. Il motivo per cui lo pubblichiamo ora, qui e altrove, è assai semplice: attualmente, da ieri mattina 29 maggio 2014, si trova nelle mani di giudici e polizia. Ieri mattina, con azione ordinata dalla Procura della Repubblica di Firenze su richiesta del Comune, il Fondo Comunista è stato perquisito e sgomberato, con gli ingressi sigillati. Durante la perquisizione sono stati prelevati volantini, manifestini e altra documentazione, tra la quale la presente proposta alla quale stiamo lavorando da tempo; è giunto quindi il momento di renderla nota, sia pure in stesura di bozza. 

Dalla resistenza all’offensiva

Contributo e proposta per una discussione collettiva diretto a tutti coloro che non ne possono più,
a tutti coloro che sognano una società diversa



Da un po’ di tempo, si è creata questa condizione, vari collettivi, ci siamo ritrovati ad affrontare insieme varie scadenze ed iniziative. Ciò che ci ha spinto a seguire questo percorso, è stata, almeno per ciò che ci riguarda, la presa di coscienza dell’impossibilità di affrontare ognuno per suo conto un intero mondo. Ogni soggettività politica, ogni collettivo, ha avuto una riflessione, con suoi metodi e tempi, su questa necessità. Con un po’ di difficoltà abbiamo affrontato varie discussioni con l’obbiettivo di costruire dei livelli unitari di lotta che potessero essere elementi propulsivi per una crescita collettiva, ed un rafforzamento organizzativo di tutti.

Questa esigenza nasce, (per ciò che ci riguarda) dall’osservazione del mondo che ci circonda: gli eventi provocati dalla crisi del sistema capitalista ci sovrastano, ci troviamo a rincorrere 1000 scadenze imposte. Il mondo va verso la guerra imperialista, la devastazione ambientale, l’annullamento delle esigenze primarie di vita dell’uomo a prò degli interessi delle multinazionali e degli sfruttatori in generale.

Dalla devastazione dell’ambiente alla devastazione dell’umanità.  

Assistiamo ormai da tempo ad un attacco concentrico contro tutte quelle frange e situazioni che lottano, atto ad attaccare e possibilmente criminalizzare tutti i comportamenti che in questi ultimi anni si sono contraddistinti per tenacia e contrapposizione reale al sistema e ad ogni riformismo, al di là di ogni etichetta.

Abbiamo assistito al lancio (in concomitanza con l'agire repressivo delle forze militari dello stato), di campagne delatorie a cui ahimè si sono prestate purtroppo più di una situazione e di soggetti cosiddetti Leader di movimenti o sindacati che nella lotta si sono posti, di fatto,al fianco delle forze militari dello stato nella repressione di centinaia di compagni perquisiti ed molti denunciati, appoggiando le operazioni di polizia con prese di posizione e un linguaggio degni del miglior Cossiga d'altri tempi. La cosa più importante per loro è "annientare" chiunque si mette in mezzo al loro progetto di ritagliarsi una fetta di potere all'interno del sistema a cui sono funzionali.

Il prestarsi alle campagne mediatiche che, sempre si scatenano da parte delle testate più “autorevoli” anche così dette di sinistra, il riproporre sempre le stesse immagini da parte delle televisioni unite con le prese di posizione da parte dei così detti “Buoni”, l’appoggio incondizionato alle azioni di polizia: tutto questo ha portato ad una forma di accelerazione della campagna repressiva, arrivando a minacciare il ripristino della “legge Reale”, l'allargamento del DASPO anche a chi partecipa alle manifestazioni, per finire al microchip come forma totale di controllo. Come se le attuali leggi non fossero sufficienti, e come se ancora oggi gli uomini dell'apparato militare e repressivo non potessero sparare se qualcuno non si ferma ad un posto di blocco o investire con i blindati i manifestanti che non si dimostrano consenzienti. 

Roma, Piazza Barberini, 12 aprile 2014.
 
Non si contano le cariche di polizia e CC in occasione di manifestazioni e presidi operai, o di tutte quelle forme di protesta sociale che si sono prodotte nel territorio nazionale, valgano per tutte il movimento contro le discariche in Campania ed il movimento NO TAV. All'interno di questa forma repressiva, che vede tutti uniti, (dagli apparati militari alle formazioni politiche istituzionali, ed oltre) si tende a far passare la repressione come necessità, si gioca su manifestanti “buoni” e “cattivi”, tra coloro che accettano di restare dentro le pieghe del sistema e coloro che invece si pongono come antagonisti e refrattari al sistema di sfruttamento, tra chi vuole far passare l'idea che il sistema si possa cambiare dal suo interno, e chi invece mette in discussione l'essere interni al sistema ed a ciò che il sistema produce in termini di sfruttamento e non solo. Si tende a far passare come inevitabile l'azione repressiva per poter “liberare il paese” dalle “mele marce”. Si cerca di inculcare nella testa e nei pensieri delle masse l'idea che i “violenti” siano degli alieni da isolare e sterminare, senza minimamente entrare nel problema “violenza” demonizzando anzi ogni comportamento di resistenza.

Siamo convinti che la strategia del capitale multinazionale, più che mai in questi periodi di crisi assoluta della produzione capitalista, per potersi riprodurre e trovare altri spazi di espansione, non abbia altra soluzione che la guerra e la distruzione di massa.

Quello che ci sembra utile a questo punto, è cercare di rafforzare i momenti unitari, costruendo un percorso che superi “l’iniziativismo” per andare verso la proposta minima collettiva, verso la costruzione di una progettualità collettiva, verso la scoperta e la proposizione dei nostri sogni. 

Dipinto di Henri Matisse.

 
Ognuno di noi ha sognato una società senza più sfruttati e sfruttatori, una società di uguali. Dove le possibilità di vita non siano legate al lavoro salariato, ma dove il lavoro sia inteso come forma di riproduzione della propria vita e della vita sociale in generale, senza sottostare alle leggi del profitto ed alla schiavitù del salario. dove lo studio sia un percorso di conoscenza e non la preparazione di tecnici funzionali al sistema di sfruttamento. Dalla resistenza all’offensiva, significa che dobbiamo iniziare a pensare alle soluzioni necessarie ad intaccare e progressivamente distruggere il sistema di sfruttamento. La cosa non è facile: questa forma di società ha costruito la sua forza nella distruzione della collettività umana. C’è sempre un nemico da combattere, nel lavoro ci hanno diviso in mille figure, spezzando l’unità operaia in qualifiche e categorie, in dipendenti e terzisti, precari e non. L’organizzazione della vita nella metropoli va di pari passo: degrado delle condizioni di vita in generale, dei rapporti interni alla collettività umana, prodotti da un sistema ormai senza spazi di sviluppo, obsoleto, arroccato al controllo delle risorse e della vita; la scuola e l’università, ormai indirizzate e subordinate ad una totale funzionalità al sistema produttivo e di sfruttamento. Creatività e ricerca, o sono direttamente funzionali al sistema o non hanno possibilità di espressione. La strada del revisionismo storico inizia da là.

La società capitalista, in tutti gli stati, applica e impone “regole di vita civile” che devono servire per stabilizzare il suo potere e per affossare e reprimere qualsiasi tentativo di ribellione all’ordine costituito. Queste “regole” o leggi subiscono minimi cambiamenti a seconda dei governi, dei mutamenti o flessibilità dei mercati o dell’avanzamento della crisi sistemica del capitale. Negli anni ’80, sull’onda della forza delle lotte che si esprimevano in tutti i settori della società la svolta autoritaria che ne è conseguita è stata studiata scientificamente. Senza un cambiamento di cultura la repressione non sarebbe bastata per dare loro la sicurezza che gli serviva per continuare ad imperare e a sfruttare. Così attraverso i mezzi di comunicazione (la TV in primis) , l’omologazione a modelli reimposti, lo sviluppo e l’imposizione delle varie “mode” come immagine e modello per l’essere umano nella società capitalista, (ne sia l'esempio le mille forme di mercificazione), ed il cambiamento dei testi scolastici come base del revisionismo, è stato fatto un lavoro capillare di cambiamento della cultura. Un lavoro talmente fine che quasi nessuno se n’è accorto. Contemporaneamente è stata costruita e consolidata la frantumazione sociale: affossamento della memoria, repressione delle esperienze collettive e di lotta, illusione di un facile miglioramento delle condizioni economiche, mistificazioni tipo “non esistono più le classi” o “le ideologie sono morte”, innalzamento della capacita individuale per entrare nei meccanismi economici della società, innalzamento del concetto della famiglia borghese come baluardo di difesa “dai mali esterni”, esaltazione dei “valori borghesi”, riconoscimento e fiducia nelle autorità, paure e riconoscenza verso la “divisa”, disconoscimento verso la propria condizione di classe, isolamento sociale, sessismo, xenofobia, paura del “diverso”.
Assistiamo in questo momento storico, alle più grandi manovre politiche ed ideologiche per assicurarsi il dominio culturale necessario alla evoluzione in senso capitalista della crisi. 

...innalzamento del concetto della famiglia borghese come baluardo di difesa “dai mali esterni”...
Ormai da decenni assistiamo quasi impotenti all'affermarsi nel corpo sociale in generale, dell'idea che non ci sia altra soluzione al modo di produzione capitalista per la vita dell’umanità intera.
Questa idea si afferma soprattutto in termini culturali. Oggi assistiamo ad una forma diffusa di cultura capitalista, mentre ogni altra forma viene trasformata, demonizzata e considerata violenta: un sistema che cerca di imporre nella testa dei giovani e degli studenti un solo modello, quello capitalista; nella testa dei lavoratori e degli sfruttati in generale cerca di far passare l'idea che il “bene dell'impresa è il bene di tutti”. Dobbiamo essere felici se per il bene dell'impresa si chiudono le fabbriche per portare la produzione all'estero. Abbiamo assistito sempre negli ultimi decenni allo svilupparsi di una forma ideologica che sostanzialmente mette il mondo a “testa in giù”, dove la violenza dei padroni e dei loro apparati statali si chiama “democrazia” o “giustizia”, dove la resistenza dei popoli ed il diritto all'autodeterminazione si chiamano “terrorismo”e dove le guerre fatte in nome della democrazia ormai non si contano più. Intere popolazioni sono massacrate e ridotte a delle condizioni di vita infernali, chi si oppone alla TAV è retrogrado e contro lo sviluppo, chi inquina devasta il territorio, avvelena fiumi e mari è moderno e progressista, tutto ciò al solo scopo di imporre gli interessi del capitale internazionale e sempre più gli “stati” sono assoggettati e succubi a questo tipo di esigenze; è necessario allinearsi, pena l'impoverimento, la distruzione e la devastazione. 
 
Fuori dai nostri confini i nemici diventano: politici, di razza e religiosi. Siamo umanitari perché bombardiamo la Libia. Portiamo la guerra in vari paesi del mondo in nome del libero mercato, cioè, arrivo primo prendo tutto. Abbiamo assistito alle “guerre umanitarie” alla devastazione dell'ambiente, allo sfruttamento più sfrenato dell'uomo e delle materie prime in nome della democrazia. Il sistema capitalista, per poter mantenere il proprio dominio, necessita non soltanto delle condizioni per creare il monopolio economico, ma anche di potersi assicurare tutti i monopoli, ideologici, religiosi ed in primis della violenza. Le peggiori nefandezze, i peggiori atti di violenza, le guerre, vengono chiamati giustizia, libertà e democrazia; per chi si oppone allo sfruttamento, alle guerre, al neo colonialismo, per chi lotta per mantenere o migliorare le proprie condizioni di vita non resta altro che morte o repressione.


Un esempio lo abbiamo in ciò che è avvenuto dopo il terremoto in Abruzzo, con la successiva realizzazione delle new towns , che, non solo facevano comodo in termini di speculazione economica, ma hanno permesso un ruolo di spicco della Protezione Civile, che ha così assunto una funzione notevole all’interno della logica ben precisa di controllo e militarizzazione del territorio attraverso le stesse forze armate che si erano addestrate in occasione degli “interventi umanitari” e “pacificatori” (Libano, Somalia, Jugoslavia, Iraq, Afghanistan), organizzando forme di deportazione e di controllo poliziesco totale su interi gruppi di popolazione e imponendo ghettizzazione, isolamento e insicurezza; in pratica, è stato messo in atto un processo di repressione e di contro insorgenza preventiva.

Con queste premesse è stato facile smettere di costruire le case popolari e costringere quasi tutti i nuclei familiari ad incatenarsi ai mutui. Allo stesso modo, è stato relativamente facile cambiare le leggi del lavoro. Chi ha file di bollettini da pagare e la famiglia da mantenere è diventato ricattabile e , in generale, si trova volente o nolente a dover accettare le nuove regole.

Ecco la flessibilità massima, l'insicurezza totale dei contratti precari, l'assenza di garanzie. Dalla conoscenza e dal controllo del ciclo produttivo da parte dell'operaio siamo passati alla frammentazione massima dei lavori e dei tempi della loro esecuzione attraverso la creazione dei grandi indotti e la delocalizzazione, alla totale assenza del concetto di dignita personale dell'operaio, e alla frammentazione della classe.

In questa totale distruzione delle intelligenze e delle possibilità di lotta collettiva, lo Stato ha aumentato il suo potere. Troppa gente ci crede e si sente "stato" o, quanto meno affida ai parlamentari e a tutta la gerarchia la sua vita (dal culturale, al ricreativo, al lavorativo),con fiducia e cecità In questo meccanismo la strumentalizzazione del concetto di pacifismo e l'esaltazione della legalità assurgono a componenti di questa cultura, e diventa facile accettare le guerre dello stato imperialista mentre non si riescono a vedere le violenze dello stato (oppure, anche se le si vede, esse vengono accettate e giustificate). Non si vedono i tre morti al giorno sul lavoro. Non si vedono gli aumenti esponenziali di suicidi di anziani. Non si vedono le morti delle donne per mano dei familiari e gli altri tipi di femminicidio. Non si vedono le decine di morti nei commissariati e nelle carceri. Da un lato il capitale nelle sue svariate forme (economica e religiosa in particolare) esalta la famiglia come pilastro fondamentale e baluardo della societa mentre, dall'altro, la devasta costringendola ad affrontare ogni tipo di contraddizioni perché essa possa restare a galla in questo modo di vita.

Marcello Lonzi. Ucciso in carcere, Livorno, 11 luglio 2003.

Il fenomeno della violenza e "delinquenza" di strada è considerato una questione di "mele marce" in una società civile, mentre le violenze sui singoli da parte dei figli di papà sono considerate "sprazzi di confusione mentale momentanea". Ne consegue la delazione nei confronti di chi non sta nel loro modo di pensare, si ribella e si scontra con lo stato. Non si devono mettere in contraddizione i pilastri fondamentali della società ma ci si deve stare dentro e da dentro cercare di cambiare. Questo è quello che ci dicono. Quindi è il capitalismo buono quello in cui credono, un capitalismo dal volto umano. E' legittimo che lo stato, e loro stessi in prima persona, reprimano, picchino, infamino chi va contro la loro logica. In tutto questo è perfettamente logico sentirsi parte della campagna mediatica, l' accelerazione repressiva e l'accettazione della sua necessità.

Il concetto dei "buoni e dei cattivi" è inculcato continuamente, i cattivi sono i ribelli, quelli che non credono nel "capitalismo buono", i "Buoni" sono invece loro: quelli che, pacificamente, vogliono cambiare (o"riformare") solo qualcosa, migliorare la società capitalista - vale a dire rendere "compatibile" per ognuno di noi il modo di vita capitalista. Dobbiamo pensare questo perchè non esiste nel mondo una esperienza di stato/i dove il capitalismo si è fatto da parte per lasciare alle classi sfruttate la scelta di vivere in modo diverso.

Siamo pronti a dichiarare che la lettura riformista non può che trovarci distanti, è decisamente antagonista alla nostra, sicuramente è parte di una lettura filo capitalista a cui noi decisamente dobbiamo opporci e già lo facciamo, con tutte le nostre forze. E' chiaro che ci si deve fare i conti, ma solo ed esclusivamente in una dialettica di scontro di classe. Siamo persuasi che non abbiamo niente da mediare con posizioni del genere, ma solo lottare per la conquista e l'egemonia delle masse ad un progetto di cambio reale delle condizioni ed organizzazione della vita e della società.

Pensiamo sia necessario porre in discussione non solo il modello produttivo, ma tutto ciò che ne consegue per il suo perpetuarsi. Dobbiamo quindi rompere tutti i monopoli, politici, ideologici, filosofici e della violenza, e bisogna infine costruire lo sforzo ed il percorso per rimettere il mondo a testa in su.

I PADRONI NON LASCERANNO MAI PACIFICAMENTE IL LORO POTERE.

la crisi è il sistema capitalista delle multinazionali

IL CAPITALISMO E' BARBARIE

"Debito, interessi, usura, esclusione, povertà. Questo è il capitalismo."
Noi non siamo esenti da queste storture, una vita di diversità, parcellizzata, condizionata e soggiogata al sistema, ci porta a costruire le nostre situazioni, anche di lotta, totalmente distaccate dal contesto sociale generale, nel ghetto come forma naturale acquisita. Un ghetto che tutti noi abbiamo voluto rompere con le pratiche che ci hanno portato ad oggi, elementi indomiti che continuano a cercare e sognare una via di uscita verso una società di giusti e di uguali. 

 
La costruzione di una proposta minima, che ci accompagni ad intraprendere la strada che porta alla costruzione del sogno, ci sembra, in questo momento, quanto mai necessaria, pena la nostra dissoluzione come soggetti antagonisti e rivoluzionari nelle mille pieghe di questa società di barbarie.
Tre sono le direttrici su cui in molti ci troviamo, e che possono essere elemento di unità e sforzi collettivi, lotta alla guerra, antifascismo ed anticapitalismo

1 Per impedire la guerra imperialista
si pone come necessità di sopravvivenza per il genere umano. Ogni persona cosciente delle condizioni di vita attuali e delle cause di queste condizioni non può non porsi il problema di dichiarare guerra alla tendenza alla guerra. troppo spesso abbiamo nicchiato di fronte ad aggressioni imperialiste per il solo motivo che non ci aggrada abbastanza l'aggredito, siamo persuasi che la lotta all'imperialismo va affrontata indipendentemente da chi ne è la vittima. Non possiamo fare altrimenti, pena lasciare l'iniziativa sul nostro futuro in mano a coloro che sono gli artefici della devastazione del mondo e del super sfruttamento dell'uomo e della natura.

2 Per una distribuzione della ricchezza.
La forbice tra ricchezza e povertà ha raggiunto ormai quasi il massimo di apertura. I ricchi sono sempre più ricchi e sempre meno numerosi, e di conseguenza i poveri aumentano a dismisura. Con la crisi ormai generalizzata e globale di saturazione, il sistema non riesce più a garantire nemmeno il necessario all'interno dei paesi del "centro" imperialista per poter mantenere ad un livello più alto il tenore di vita di noi occidentali. La ridistribuzione della ricchezza si manifesta ormai necessaria, è davanti agli occhi di tutti la condizione in cui versa il mondo, il crollo delle “garanzie sociali” (lavoro sanità scuola e casa) ha prodotto condizioni di vita sempre più dure. La percezione di sfruttamento, arroganza, ed onnipotenza subita, si fa largo nelle coscienze.
La ridistribuzione della ricchezza può avvenire attraverso la garanzia dei “beni sociali”, " lavoro, scuola, sanità e casa. Ogni lavoratore, ogni essere umano ha diritto ad una abitazione degna, la casa a chi la abita. La sanità libera e gratuita per tutti. Ci sono esperienze nel mondo che dimostrano la non necesarietà del sistema capitalista nella gestione della sanità. Cuba sia da esempio a tutti. La scuola e l’università devono essere utili all’approfondimento della ricerca per il miglioramento collettivo delle condizioni di vita e di lavoro in generale. La ridisrtribuzione della terra per fermare le continue forme di sfruttamento, speculazione e distruzione dell’ambiente da parte delle multinazionali e dei grossi latifondisti. Razionalizzare la produzione, per incrementare le produzioni locali ed abbattere le spese logistiche e per il trasporto merci. Aumento di occupazione e del benessere generale di vita delle comunità. abbattendo in contemporanea livelli di inquinamento e consumo di materie prime. Attraverso lavorare tutti per lavorare meno, intesa come liberazione del tempo dal lavoro. tempo troppo occupato dal processo di riproduzione del capitalismo e che potrebbe essere meglio impiegato nella costruzione del bene sociale e collettivo.

3. Per l'uscita dalle guerre e chiusura di tutte le basi straniere sul territorio Italiano.
Basta con le servitù militari. Rimpatrio immediato dei nostri soldati e che se ne tornino a casa i militari stranieri con armi e bagagli compresi gli ordigni nucleari. Dobbiamo smettere di essere un paese a sovranità limitata, dove le potenze straniere USA e NATO la fanno da padrone sulla gestione dei nostri rapporti internazionali e nelle possibilità di sviluppo ed autogestione del nostro vivere sociale. Le spese militari sono ormai una fetta enorme del cosiddetto debito pubblico, con le servitù militari che scontiamo ormai da quasi 70 anni. è l’ora di usare queste risorse per il bene collettivo e sociale e non per continuare a garantire sempre maggiori profitti alle multinazionali. Se tutte le risorse che vengono sperperate per mantenere in piedi l’apparato militare fossero utilizzate per il bene comune, si lascia immaginare quanto si potrebbe costruire in termini di benessere sociale. Quanto ci costa ogni giorno di presenza militare in Afghanistan, Libano, ex Jugoslavia ecc. Per le alluvioni ogni soldato costava 70 euro al giorno per spalare il fango. senza contare quanto costa già quotidianamente ad ognuno di noi I governi cambiano ma non toccano mai gli interessi necessari al perpetuarsi. degli interessi dei loro padroni.

4. Per l'allargamento del paniere dei beni comuni non merce, acqua, energia, mare, fiumi, boschi, materie prime in generale.
Gestione popolare e territoriale attraverso assemblee popolari. La battaglia referendaria sull'acqua publica ha portato con se, nella sua vittoria, il concetto fondamentale di non merce per l'acqua e di conseguenza per tutta una serie di beni comuni intoccabili, da salvare ad ogni costo, in quanto nostra (di esseri viventi) unica fonte di vita, l'ambiente in cui viviamo. L'acqua e la natura in cui viviamo non possono essere ancora devastate, pena la nostra sopravvivenza. La crescita e lo sviluppo di movimenti territoriali contro la devastazione e lo sfruttamento dell'ambiente ha portato allo sviluppo di tendenze atte alla gestione e controllo dei territori per un migliore tenore di vita e benessere collettivo, il mov NO TAV insegna.

5. Per il divieto di chiudere produzioni in Italia per portarle all’estero,
Da troppi anni assistiamo alla cosiddetta fuga di capitali verso i paesi dove lo sfruttamento capitalista si esprime a livelli pressoché mortali. Se ne vanno da qua per aprire in Cina, India, Tunisia ecc.. esempio ultimo la strage del Bangla Desh nel crollo della fabrica delle griffe occidentali. Prima spremono fino all’esaurimento generazioni di operai e proletari italiani e poi ci lasciano in brache di tela, come se tutto ciò che è stato costruito gli appartenesse. NO è ora di dire basta, te ne vuoi andare va bene ma tutto il resto rimane, ci appartiene. Se necessario fino ad arrivare a forme di autogestione, non esiste nessuna produzione a cui gli operai non possano fare fronte senza padroni, fino alle tecnologie più avanzate, ma nessun padrone senza gli operai ed i mezzi di produzione è in grado di portarla avanti. Da questo non si capisce il motivo per cui non dobbiamo a produrre noi le nostre scarpe, i nostri piatti, le nostre macchine ed utensili, energia solare ed eolica, recupero di bio masse ecc., perchè non iniziare a costruire i nostri spazzi di vita. Nazionalizzazione delle banche per fermare la speculazione finanziaria.

6 Per la messa al bando delle produzioni nocive, nucleare, petrolchimico, OGM ecc.
Queste produzioni oltre ad essere estremamente dannose per l’ambiente e la salute umana, garantiscono al capitale il mantenimento del monopolio e del controllo totale sulla società umana. In pochissimi hanno il monopolio della banca del seme, controllano ormai il quasi assoluto della produzione alimentare mondiale. La manipolazione del seme provoca la dipendenza e l'asservimento agli interessi dei "produttori", milioni di ettari nel mondo sono coltivati OGM a scopo "energetico", sotto il totale controllo delle multinazionali, sottraendo altrettanti milioni di ettari all'alimentazione umana nella stragrande parte dei paesi del cosi detto terzo mondo ed "in via di sviluppo ".

La gestione ed il controllo su questi tipi di produzione energetica è particolarmente difficile e necessitano di mezzi inaccessibili per una gestione popolare,perlomeno in questa società, oltre ad essere stretti strumenti di dominio e di controllo, per la loro essenza centralizzatrice, sono incompatibili con i più bassi e basilari concetti di benessere sociale generale, sono ormai strumenti necessari solo a mantenere in vita il connubio potere capitalista -devastazione dell'ambiente e dell'umanità. Sono ormai incalcolabili i danni prodotti da queste tecnologie, da questo modello di sviluppo.

7 Per il nostro sogno:
UNA SOCIETA’ SENZA PADRONI

ci sembra necessario puntualizzare, che tutto quanto proposto finora, noi lo consideriamo, non come il nostro sogno, ma come un passo per intraprenderne la strada, come iniziare a costruire le condizioni minime necessarie per poter dare una scrollata al sistema. Consideriamo realmente al minimo una proposta di questo tipo, ci sembra necessario partire con i piedi per terra, e far vivere nella costruzione del percorso collettivo tutti gli elementi di novità che saremo capaci di costruire proponendo tutti ed ognuno parte del nostro sogno. Costruire insomma anche le basi di tutta quella cultura, forma della vita sociale che nel percorso sempre più ci porterà a differenziarci ed essere alternativi e questo sistema putrescente.

NON E' LA COSCENZA DEGLI UOMINI CHE DETERMINA IL LORO ESSERE,
MA, AL CONTRARIO,
E' IL LORO ESSERE SOCIALE CHE DETERMINA LA LORO COSCIENZA

La proposta va necessariamente esposta anche da un punto di vista organizzativo. Anche perché ci sembra troppo facile, lamentarsi della situazione, proporre idee, ed arrivare a dire al resto pensateci voi. Facciamo subito chiarezza, non abbiamo la soluzione, non crediamo di avere tutte le soluzioni, abbiamo però la pretesa di poter affermare:.. la necessità di costruire un percorso collettivo mai come ora si è posta in forma così evidente,... Questo ci ha portato a cercare la soluzione per mettere in sintonia prima noi stessi con la realtà in cui viviamo e dopo, con tutte le situazioni a cui ci siamo relazionati ed incontrati.

Quello che ci sembra necessario è che ogni situazione debba essere salvaguardata al massimo nella sua specificità, abbiamo quindi bisogno di un "organismo" capace di contenere diversità e far vivere contemporaneamente un rapporto di scambio tra tutti ed ognuno, che serva da cassa di risonanza per tutte le situazioni, che possa essere punto di riferimento di segni, di espressioni e di lotte, al di là dei territori e delle situazioni da tutti noi battute. allargando così gli orizzonti di ognuno di noi e di noi tutti. L'essere umano come tante altre specie, è un essere sociale, vive in grossi branchi, che fino ad oggi gli hanno garantito la sopravvivenza. Il capitalismo ci ha disumanizzato, scomponendoci, da una parte tende a renderci unici, ognuno per se, dall'altra ci uniforma, collettivizzandoci le sorti, sfruttamento e morte. Sta a noi riumanizarci, metterci insieme per progettare e costruire futuro.

Dal punto di vista organizzativo, non pretendiamo di dare la giusta linea a nessuno, ma abbiamo la pretesa di guardarci intorno ed anche di poter dire la nostra sulla situazione che viviamo e vediamo.
Assistiamo oggi ad un grande fermento, nel territorio italiano, una decina di partiti comunisti "portatori" della giusta linea, e della verità oggettiva. Movimenti sociali popolari che si organizzano su beni comuni, difesa del territorio, contro le discariche ecc, una miriade di situazioni, collettivi, organismi vari di lotta e sindacali che si pongono più o meno in termini di lotta antagonista al sistema attuale. Collettivi redazionali di riviste, bollettini, e giornali. Una ricchezza di espressioni e contenuti che vive la dispersione più incredibile, la separazione più netta, l'incapacità generalizzata di affrontare un percorso collettivo quanto mai necessario. 
 
Partendo dalla constatazione, senza voler togliere il valore che hanno, che nessuno dei partiti comunisti presenti sul territorio nazionale nonostante la loro tenacia ed internità a percorsi di lotta purtroppo parziali, è in grado di essere momento di sintesi e direzione dello scontro di classe, tanto meno i vari movimenti territoriali e non, che si esprimono nel territorio riescono ad uscire dalla specificità della loro azione, scontrandosi invece con la complessività del potere capitalista, per arrivare all'universo di collettivi e situazioni parziali che, nonostante le capacità di molti compagni formatisi dentro di queste, non hanno nessuna possibilità di uscire dal proprio ghetto se non attraverso dei "momenti eclatanti" che però non danno respiro al loro agire.

Siamo profondamente convinti che dentro ad una situazione di dispersione e parzialità generalizzata come questa che stiamo vivendo sia necessario trovare la molla che ci dia la spinta per la costruzione di un punto di riferimento collettivo, di un fronte unito proletario, combattivo, che attraverso la proposizione di un programma minimo collettivo possa dare il via alla costruzione delle basi per la realizzazione del "sogno collettivo". Quello che proponiamo è un contenitore che possa essere punto di riferimento politico ed organizzativo e che, vista la realtà che viviamo lasci lo spazio, ad ogni situazione più o meno organizzata, per poter continuare a crescere sulla propria esperienza e secondo i propri sistemi e canoni di intervento, un contenitore che possa racchiudere dentro di se le mille diversità esaltando tutti quegli elementi di unità nella persecuzione di un programma minimo collettivo, e nella realizzazione del sogno. Questo può permettere sicuramente uno scambio di esperienze e di comunicazione che potenzia al massimo la crescita di ogni singola situazione, sia come arricchimento soggettivo che come possibilità di visibilità e di relazione con il corpo sociale di riferimento.

Da sognatori ci piace immaginare una rete di situazioni che partendo ognuno dalla propria specificità affronta il mondo con la coscienza di non essere soli, ci piace immaginare un territorio dove il pendolare, lo studente, il lavoratore di qualsiasi settore nel suo pellegrinare nell'area metropolitana e nel territorio tutto, ritrovi mille segnali ed immagini che lo ricollegano immediatamente al suo territorio, alla situazione di lotta più vicina, il compagno di scuola di lavoro o di quartiere, moltiplicando così le possibilità di comunicazione, moltiplicando le possibilità di collegamento tra le lotte. Per un ragazzo del Ghetto ritrovare dei punti di riferimento conosciuti lontano da casa può significare trovare la capacità di rompere il ghetto, sia sociale che politico. Un contenitore di questo tipo può significare dare respiro ad ogni situazione, non perdere la propria specificità, non perdere i propri punti di riferimento, al contrario, nella persecuzione del programma minimo, può dare spazio alle possibilità di interagire nelle tematiche generali con una miriade di situazioni sparse in tutto il territorio, può portare a non sentirsi più persi od isolati nella grande battaglia contro il nemico che affrontato ognuno per se ci sembra immane,esagerato e ci fà sentire persi ed impotenti, siamo tanti, tantissimi e tutti insieme possiamo farcela.

Riteniamo quindi necessario affrontare con tantissimi, tutti insieme il processo di costruzione di questo contenitore che a noi piace chiamare fronte popolare per la realizzazione del sogno, un mondo senza padroni.


L'internità al fronte non sarebbe quindi interdetta a nessuno, solo a chi si oppone al cambio sociale in termini di anticapitalismo, cioè, chi vuole "ben gestire" il sistema attuale. 
 
Da chi si pone come partito a chi parte dalla sua specificità, nella persecuzione del programma minimo e del sogno, le diversità si andranno a misurare con una pratica generalizzata che tende al cambiamento e che inesorabilmente nel suo crescere produrrà dei cambiamenti all'interno di ogni situazione, di ognuno di noi. Negare la necessità del cambiamento, di dover uscire dal soggettivismo e dalle specificità, negare la rottura del ghetto significa negare la possibilità di cambiamento, negare la dialettica materialista, negare la possibilità di costruire l'alternativa di vita al sistema di sfruttamento al capitalismo stesso, ovvero continuiamo a prenderci in giro.

PER LA COSTRUZIONE DEL FRONTE POPOLARE ANTICAPITALISTA.

costruiamo insieme l'ipotesi di un FRONTE POPOLARE RIVOLUZIONARIO, come strumento per la realizzazione del programma minimo. il Fronte consente ad ogni situazione che possa riconoscersi nel programma minimo di amplificare la propria voce di proporsi e di far vivere la propria essenza in tutte le altre situazioni, per contro farsi forza del Fronte e quindi di tutti coloro che vi partecipano, per meglio radicarsi nella propria situazione forti dell'esperienza e della forza collettiva..

Collettivo del Fondo Comunista maggio 2014