Il presente documento, preparato dalle Compagne e dai Compagni del Collettivo del Fondo Comunista, non doveva ancora essere reso noto; la sua stesura non è ancora definitiva. Il motivo per cui lo pubblichiamo ora, qui e altrove, è assai semplice: attualmente, da ieri mattina 29 maggio 2014, si trova nelle mani di giudici e polizia. Ieri mattina, con azione ordinata dalla Procura della Repubblica di Firenze su richiesta del Comune, il Fondo Comunista è stato perquisito e sgomberato, con gli ingressi sigillati. Durante la perquisizione sono stati prelevati volantini, manifestini e altra documentazione, tra la quale la presente proposta alla quale stiamo lavorando da tempo; è giunto quindi il momento di renderla nota, sia pure in stesura di bozza.
Dalla
resistenza all’offensiva
Contributo
e proposta per una discussione collettiva diretto a tutti coloro che
non ne possono più,
a
tutti coloro che sognano una società diversa
Da
un po’ di tempo, si è creata questa condizione, vari collettivi,
ci siamo ritrovati ad affrontare insieme varie scadenze ed
iniziative. Ciò che ci ha spinto a seguire questo percorso, è
stata, almeno per ciò che ci riguarda, la presa di coscienza
dell’impossibilità di affrontare ognuno per suo conto un intero
mondo. Ogni soggettività politica, ogni collettivo, ha avuto una
riflessione, con suoi metodi e tempi, su questa necessità. Con un
po’ di difficoltà abbiamo affrontato varie discussioni con
l’obbiettivo di costruire dei livelli unitari di lotta che
potessero essere elementi propulsivi per una crescita collettiva, ed
un rafforzamento organizzativo di tutti.
Questa
esigenza nasce, (per ciò che ci riguarda) dall’osservazione del
mondo che ci circonda: gli eventi provocati dalla crisi del sistema
capitalista ci sovrastano, ci troviamo a rincorrere 1000 scadenze
imposte. Il mondo va verso la guerra imperialista, la devastazione
ambientale, l’annullamento delle esigenze primarie di vita
dell’uomo a prò degli interessi delle multinazionali e degli
sfruttatori in generale.
Dalla devastazione dell’ambiente alla devastazione dell’umanità.
Assistiamo ormai da tempo ad un attacco concentrico contro tutte quelle frange e situazioni che lottano, atto ad attaccare e possibilmente criminalizzare tutti i comportamenti che in questi ultimi anni si sono contraddistinti per tenacia e contrapposizione reale al sistema e ad ogni riformismo, al di là di ogni etichetta.
Abbiamo assistito al lancio (in concomitanza con l'agire repressivo delle forze militari dello stato), di campagne delatorie a cui ahimè si sono prestate purtroppo più di una situazione e di soggetti cosiddetti Leader di movimenti o sindacati che nella lotta si sono posti, di fatto,al fianco delle forze militari dello stato nella repressione di centinaia di compagni perquisiti ed molti denunciati, appoggiando le operazioni di polizia con prese di posizione e un linguaggio degni del miglior Cossiga d'altri tempi. La cosa più importante per loro è "annientare" chiunque si mette in mezzo al loro progetto di ritagliarsi una fetta di potere all'interno del sistema a cui sono funzionali.
Il
prestarsi alle campagne mediatiche che, sempre si scatenano da parte
delle testate più “autorevoli” anche così dette di sinistra, il
riproporre sempre le stesse immagini da parte delle televisioni unite
con le prese di posizione da parte dei così detti “Buoni”,
l’appoggio incondizionato alle azioni di polizia: tutto questo ha
portato ad una forma di accelerazione della campagna repressiva,
arrivando a minacciare il
ripristino della “legge Reale”, l'allargamento del DASPO anche
a chi partecipa alle manifestazioni,
per finire al microchip come forma totale di controllo.
Come se le attuali leggi non fossero sufficienti, e come se ancora
oggi gli uomini dell'apparato militare e repressivo non potessero
sparare se qualcuno non si ferma ad un posto di blocco o investire
con i blindati i manifestanti che non si dimostrano consenzienti.
Roma, Piazza Barberini, 12 aprile 2014. |
Non
si contano le cariche di polizia e CC in occasione di manifestazioni
e presidi operai, o di tutte quelle forme di protesta sociale che si
sono prodotte nel territorio nazionale, valgano per tutte il
movimento contro le discariche in Campania ed il movimento NO TAV.
All'interno di questa forma repressiva, che vede tutti uniti, (dagli
apparati militari alle formazioni politiche istituzionali, ed oltre)
si tende a far passare la repressione come necessità, si gioca su
manifestanti “buoni” e “cattivi”, tra coloro che accettano di
restare dentro le pieghe del sistema e coloro che invece si pongono
come antagonisti e refrattari al sistema di sfruttamento, tra chi
vuole far passare l'idea che il sistema si possa cambiare dal suo
interno, e chi invece mette in discussione l'essere interni al
sistema ed a ciò che il sistema produce in termini di sfruttamento e
non solo. Si tende a far passare come inevitabile l'azione repressiva
per poter “liberare
il paese” dalle
“mele
marce”.
Si cerca di inculcare nella testa e nei pensieri delle masse l'idea
che i “violenti” siano degli alieni da isolare e sterminare,
senza minimamente entrare nel problema “violenza”
demonizzando anzi ogni comportamento di resistenza.
Siamo
convinti che la strategia del capitale multinazionale, più che mai
in questi periodi di crisi assoluta della produzione capitalista, per
potersi riprodurre e trovare altri spazi di espansione, non
abbia altra soluzione che la guerra e la distruzione di massa.
Quello
che ci sembra utile a questo punto, è cercare di rafforzare i
momenti unitari, costruendo un percorso che superi “l’iniziativismo”
per andare verso la proposta minima collettiva, verso la costruzione
di una progettualità collettiva, verso la scoperta e la proposizione
dei nostri sogni.
Dipinto di Henri Matisse. |
Ognuno
di noi ha sognato una società senza più sfruttati e sfruttatori,
una società di uguali. Dove le possibilità di vita non siano legate
al lavoro salariato, ma dove il lavoro sia inteso come forma di
riproduzione della propria vita e della vita sociale in generale,
senza sottostare alle leggi del profitto ed alla schiavitù del
salario. dove lo studio sia un percorso di conoscenza e non la
preparazione di tecnici funzionali al sistema di sfruttamento. Dalla
resistenza all’offensiva, significa che dobbiamo iniziare a pensare
alle soluzioni necessarie ad intaccare e progressivamente distruggere
il sistema di sfruttamento. La cosa non è facile: questa forma di
società ha costruito la sua forza nella distruzione della
collettività umana. C’è sempre un nemico da combattere, nel
lavoro ci hanno diviso in mille figure, spezzando l’unità operaia
in qualifiche e categorie, in dipendenti e terzisti, precari e non.
L’organizzazione della vita nella metropoli va di pari passo:
degrado delle condizioni di vita in generale, dei rapporti interni
alla collettività umana, prodotti da un sistema ormai senza spazi di
sviluppo, obsoleto, arroccato al controllo delle risorse e della
vita; la scuola e l’università, ormai indirizzate e subordinate ad
una totale funzionalità al sistema produttivo e di sfruttamento.
Creatività e ricerca, o sono direttamente funzionali al sistema o
non hanno possibilità di espressione. La strada del revisionismo
storico inizia da là.
La
società capitalista, in tutti gli stati, applica e impone “regole
di vita civile”
che devono servire per stabilizzare il suo potere e per affossare e
reprimere qualsiasi tentativo di ribellione all’ordine costituito.
Queste “regole” o leggi subiscono minimi cambiamenti a seconda
dei governi, dei mutamenti o flessibilità dei mercati o
dell’avanzamento della crisi sistemica del capitale. Negli anni
’80, sull’onda della forza delle lotte che si esprimevano in
tutti i settori della società la svolta autoritaria che ne è
conseguita è stata studiata scientificamente. Senza un cambiamento
di cultura la repressione non sarebbe bastata per dare loro la
sicurezza che gli serviva per continuare ad imperare e a sfruttare.
Così attraverso i mezzi di comunicazione (la TV in primis) ,
l’omologazione a modelli reimposti, lo sviluppo e l’imposizione
delle varie “mode” come immagine e modello per l’essere umano
nella società capitalista, (ne sia l'esempio le mille forme di
mercificazione), ed il cambiamento dei testi scolastici come base del
revisionismo, è stato fatto un lavoro capillare di cambiamento della
cultura. Un lavoro talmente fine che quasi nessuno se n’è accorto.
Contemporaneamente è stata costruita e consolidata la frantumazione
sociale: affossamento della memoria, repressione delle esperienze
collettive e di lotta, illusione di un facile miglioramento delle
condizioni economiche, mistificazioni tipo “non esistono più le
classi” o “le ideologie sono morte”, innalzamento della
capacita individuale per entrare nei meccanismi economici della
società, innalzamento del concetto della famiglia borghese come
baluardo di difesa “dai mali esterni”, esaltazione dei “valori
borghesi”, riconoscimento e fiducia nelle autorità, paure e
riconoscenza verso la “divisa”, disconoscimento verso la propria
condizione di classe, isolamento sociale, sessismo, xenofobia, paura
del “diverso”.
Assistiamo
in questo momento storico, alle più grandi manovre politiche ed
ideologiche per assicurarsi il dominio culturale necessario alla
evoluzione in senso capitalista della crisi.
...innalzamento del concetto della famiglia borghese come baluardo di difesa “dai mali esterni”... |
Ormai
da decenni assistiamo quasi impotenti all'affermarsi nel corpo
sociale in generale, dell'idea che non ci sia altra soluzione al
modo di produzione capitalista per la vita dell’umanità intera.
Questa
idea si afferma soprattutto in termini culturali. Oggi assistiamo ad
una forma diffusa di cultura capitalista, mentre ogni altra forma
viene trasformata, demonizzata e considerata violenta: un sistema
che cerca di imporre nella testa dei giovani e degli studenti un solo
modello, quello capitalista; nella testa dei lavoratori e degli
sfruttati in generale cerca di far passare l'idea che il “bene
dell'impresa è il bene di tutti”.
Dobbiamo
essere felici se per il bene dell'impresa si chiudono le fabbriche
per portare la produzione all'estero.
Abbiamo
assistito sempre negli ultimi decenni allo svilupparsi di una forma
ideologica che sostanzialmente mette il mondo a
“testa in giù”, dove
la violenza dei padroni e dei loro apparati statali si chiama
“democrazia” o “giustizia”, dove la resistenza dei popoli ed
il diritto all'autodeterminazione si chiamano “terrorismo”e dove
le guerre fatte in nome della democrazia ormai non si contano più.
Intere popolazioni sono massacrate e ridotte a delle condizioni di
vita infernali, chi
si oppone alla TAV è retrogrado e contro lo sviluppo, chi
inquina devasta il territorio, avvelena fiumi e mari è moderno e
progressista,
tutto ciò al solo
scopo di imporre gli interessi del capitale internazionale e sempre
più gli “stati” sono assoggettati e succubi a questo tipo di
esigenze; è necessario allinearsi, pena l'impoverimento, la
distruzione e la devastazione.
Fuori
dai nostri confini i nemici diventano: politici, di razza e
religiosi. Siamo umanitari perché bombardiamo la Libia. Portiamo la
guerra in vari paesi del mondo in nome del libero mercato, cioè,
arrivo primo prendo tutto. Abbiamo assistito alle “guerre
umanitarie” alla devastazione dell'ambiente, allo sfruttamento più
sfrenato dell'uomo e delle materie prime in nome della democrazia. Il
sistema capitalista, per poter mantenere il proprio dominio,
necessita non soltanto delle condizioni per creare il monopolio
economico, ma anche di potersi assicurare tutti i monopoli,
ideologici, religiosi ed in primis della violenza.
Le peggiori nefandezze, i peggiori atti di violenza, le guerre,
vengono chiamati giustizia, libertà e democrazia; per chi si oppone
allo sfruttamento, alle guerre, al neo colonialismo, per chi lotta
per mantenere o migliorare le proprie condizioni di vita non resta
altro che morte o repressione.
Un
esempio lo abbiamo in ciò che è avvenuto dopo il terremoto in
Abruzzo, con la successiva realizzazione delle new
towns
, che, non solo facevano comodo in termini di speculazione economica,
ma hanno permesso un ruolo di spicco della Protezione Civile, che ha
così assunto una funzione notevole all’interno della logica ben
precisa di controllo e militarizzazione del territorio attraverso le
stesse forze armate che si erano addestrate in occasione degli
“interventi umanitari” e “pacificatori” (Libano, Somalia,
Jugoslavia, Iraq, Afghanistan), organizzando forme di deportazione e
di controllo poliziesco totale su interi gruppi di popolazione e
imponendo ghettizzazione, isolamento e insicurezza; in pratica, è
stato messo in atto un processo di repressione e di contro insorgenza
preventiva.
Con
queste premesse è stato facile smettere di costruire le case
popolari e costringere quasi tutti i nuclei familiari ad incatenarsi
ai mutui. Allo stesso modo, è stato relativamente facile cambiare le
leggi del lavoro. Chi ha file di bollettini da pagare e la famiglia
da mantenere è diventato ricattabile e , in generale, si trova
volente o nolente a dover accettare le nuove regole.
Ecco
la flessibilità massima, l'insicurezza totale dei contratti precari,
l'assenza di garanzie. Dalla conoscenza e dal controllo del ciclo
produttivo da parte dell'operaio siamo passati alla frammentazione
massima dei lavori e dei tempi della loro esecuzione attraverso la
creazione dei grandi indotti e la delocalizzazione, alla totale
assenza del concetto di dignita personale dell'operaio, e alla
frammentazione della classe.
In
questa totale distruzione delle intelligenze e delle possibilità di
lotta collettiva, lo Stato ha aumentato il suo potere. Troppa gente
ci crede e si sente "stato" o, quanto meno affida ai
parlamentari e a tutta la gerarchia la sua vita (dal culturale, al
ricreativo, al lavorativo),con fiducia e cecità In questo meccanismo
la strumentalizzazione del concetto di pacifismo e l'esaltazione
della legalità assurgono a componenti di questa cultura, e diventa
facile accettare le guerre dello stato imperialista mentre non si
riescono a vedere le violenze dello stato (oppure, anche se le si
vede, esse vengono accettate e giustificate). Non si vedono i tre
morti al giorno sul lavoro. Non si vedono gli aumenti esponenziali di
suicidi di anziani. Non si vedono le morti delle donne per mano dei
familiari e gli altri tipi di femminicidio. Non si vedono le decine
di morti nei commissariati e nelle carceri. Da un lato il capitale
nelle sue svariate forme (economica e religiosa in particolare)
esalta la famiglia come pilastro fondamentale e baluardo della
societa mentre, dall'altro, la devasta costringendola ad affrontare
ogni tipo di contraddizioni perché essa possa restare a galla in
questo modo di vita.
Marcello Lonzi. Ucciso in carcere, Livorno, 11 luglio 2003. |
Il
fenomeno della violenza e "delinquenza" di strada è
considerato una questione di "mele marce" in una società
civile, mentre le violenze sui singoli da parte dei figli di papà
sono considerate "sprazzi di confusione mentale momentanea".
Ne consegue la delazione nei confronti di chi non sta nel loro modo
di pensare, si ribella e si scontra con lo stato. Non si devono
mettere in contraddizione i pilastri fondamentali della società ma
ci si deve stare dentro e da dentro cercare di cambiare. Questo è
quello che ci dicono. Quindi è il capitalismo buono quello in cui
credono, un capitalismo
dal volto umano. E'
legittimo che lo stato, e loro stessi in prima persona, reprimano,
picchino, infamino chi va contro la loro logica. In tutto questo è
perfettamente logico sentirsi parte della campagna mediatica, l'
accelerazione repressiva e l'accettazione della sua necessità.
Il
concetto dei "buoni e dei cattivi" è
inculcato
continuamente, i cattivi sono i ribelli,
quelli
che non credono nel "capitalismo buono", i "Buoni"
sono invece loro: quelli che, pacificamente, vogliono cambiare
(o"riformare") solo qualcosa, migliorare la società
capitalista
- vale a dire rendere "compatibile" per ognuno di noi il
modo di vita capitalista. Dobbiamo pensare questo perchè
non
esiste nel mondo una esperienza di stato/i dove il capitalismo si è
fatto
da parte per lasciare alle classi sfruttate la scelta di vivere in
modo diverso.
Siamo
pronti a dichiarare che la lettura riformista non può che trovarci
distanti, è decisamente antagonista alla nostra, sicuramente è
parte di una lettura filo capitalista a cui noi decisamente dobbiamo
opporci e già lo facciamo, con tutte le nostre forze. E' chiaro che
ci si deve fare i conti, ma solo ed esclusivamente in una dialettica
di scontro di classe. Siamo persuasi che non abbiamo niente da
mediare con posizioni del genere, ma solo lottare per la conquista e
l'egemonia delle masse ad un progetto di cambio reale delle
condizioni ed organizzazione della vita e della società.
Pensiamo
sia necessario porre in discussione non solo il modello produttivo,
ma tutto ciò che ne consegue per il suo perpetuarsi. Dobbiamo quindi
rompere tutti i monopoli, politici, ideologici, filosofici e della
violenza, e bisogna infine costruire lo sforzo ed il percorso per
rimettere il mondo a testa in su.
I
PADRONI NON LASCERANNO MAI PACIFICAMENTE IL LORO POTERE.
la
crisi è il sistema capitalista delle multinazionali
IL
CAPITALISMO E' BARBARIE
"Debito, interessi, usura, esclusione, povertà. Questo è il capitalismo." |
Noi
non siamo esenti da queste storture, una vita di diversità,
parcellizzata, condizionata e soggiogata al sistema, ci porta a
costruire le nostre situazioni, anche di lotta, totalmente distaccate
dal contesto sociale generale, nel ghetto come forma naturale
acquisita. Un ghetto che tutti noi abbiamo voluto rompere con le
pratiche che ci hanno portato ad oggi, elementi indomiti che
continuano a cercare
e sognare una
via di uscita verso una società di giusti e di uguali.
La
costruzione di una proposta minima, che ci accompagni ad
intraprendere la strada che porta alla costruzione del sogno, ci
sembra, in questo momento, quanto mai necessaria, pena la nostra
dissoluzione come soggetti antagonisti e rivoluzionari nelle mille
pieghe di questa società di barbarie.
Tre
sono le direttrici su cui in molti ci troviamo, e che possono essere
elemento di unità e sforzi collettivi,
lotta alla guerra, antifascismo ed anticapitalismo
1
Per
impedire la guerra imperialista
si
pone come necessità di sopravvivenza per il genere umano. Ogni
persona cosciente delle condizioni di vita attuali e delle cause di
queste condizioni non può non porsi il problema di dichiarare
guerra alla tendenza alla guerra.
troppo
spesso abbiamo nicchiato di fronte ad aggressioni imperialiste per il
solo motivo che non ci aggrada abbastanza l'aggredito, siamo persuasi
che la lotta all'imperialismo va affrontata indipendentemente da chi
ne è la vittima.
Non possiamo fare altrimenti, pena lasciare l'iniziativa sul nostro
futuro in mano a coloro che sono gli artefici della devastazione del
mondo e del super sfruttamento dell'uomo e della natura.
2
Per una distribuzione della ricchezza.
La
forbice tra ricchezza e povertà ha raggiunto ormai quasi il massimo
di apertura. I ricchi sono sempre più ricchi e sempre meno numerosi,
e di conseguenza i poveri aumentano a dismisura. Con
la crisi ormai generalizzata e globale di saturazione, il sistema non
riesce più a garantire nemmeno il necessario all'interno dei paesi
del "centro" imperialista per poter mantenere ad un livello
più alto il tenore di vita di noi occidentali. La
ridistribuzione della ricchezza si manifesta ormai necessaria, è
davanti agli occhi di tutti la condizione in cui versa il mondo, il
crollo delle “garanzie
sociali”
(lavoro sanità scuola e casa) ha prodotto condizioni di vita sempre
più dure. La percezione di sfruttamento, arroganza, ed onnipotenza
subita, si fa largo nelle coscienze.
La
ridistribuzione della ricchezza può avvenire attraverso la garanzia
dei “beni sociali”, " lavoro, scuola, sanità e casa. Ogni
lavoratore, ogni essere umano ha diritto ad una abitazione degna, la
casa a chi la abita.
La sanità
libera e gratuita per tutti.
Ci sono esperienze nel mondo che dimostrano la non necesarietà del
sistema capitalista nella gestione della sanità. Cuba sia da esempio
a tutti. La scuola e l’università devono essere utili
all’approfondimento della ricerca per il miglioramento collettivo
delle condizioni di vita e di lavoro in generale. La ridisrtribuzione
della terra per fermare le continue forme di sfruttamento,
speculazione e distruzione dell’ambiente da parte delle
multinazionali e dei grossi latifondisti. Razionalizzare la
produzione, per incrementare le produzioni locali ed abbattere le
spese logistiche e per il trasporto merci. Aumento di occupazione e
del benessere generale di vita delle comunità. abbattendo in
contemporanea livelli di inquinamento e consumo di materie prime.
Attraverso lavorare
tutti per lavorare meno, intesa come liberazione del tempo dal
lavoro. tempo
troppo occupato dal processo di riproduzione del capitalismo e che
potrebbe essere meglio impiegato nella costruzione del bene sociale e
collettivo.
3. Per l'uscita dalle guerre e chiusura di tutte le basi straniere sul territorio Italiano.
Basta
con le servitù militari. Rimpatrio immediato dei nostri soldati e
che se ne tornino a casa i militari stranieri con armi e bagagli
compresi gli ordigni nucleari. Dobbiamo
smettere di essere un paese a sovranità limitata, dove le potenze
straniere USA e NATO la fanno da padrone sulla gestione dei nostri
rapporti internazionali e nelle possibilità di sviluppo ed
autogestione del nostro vivere sociale. Le spese
militari sono ormai una fetta enorme del cosiddetto debito pubblico,
con le servitù militari che scontiamo ormai da quasi 70 anni. è
l’ora di usare queste risorse per il bene collettivo e sociale e
non per continuare a garantire sempre maggiori profitti alle
multinazionali. Se tutte le risorse che vengono sperperate per
mantenere in piedi l’apparato militare fossero utilizzate per il
bene comune, si lascia immaginare quanto si potrebbe costruire in
termini di benessere sociale. Quanto ci costa ogni giorno di presenza
militare in Afghanistan, Libano, ex Jugoslavia ecc. Per le alluvioni
ogni soldato costava 70 euro al giorno per spalare il fango. senza
contare quanto costa già quotidianamente ad ognuno di noi I governi
cambiano ma non toccano mai gli interessi necessari al perpetuarsi.
degli interessi dei loro padroni.
4. Per
l'allargamento del paniere dei beni comuni non merce, acqua, energia,
mare, fiumi, boschi, materie prime in generale.
Gestione
popolare e territoriale attraverso assemblee popolari. La battaglia
referendaria sull'acqua publica ha portato con se, nella sua
vittoria, il concetto fondamentale di non
merce per
l'acqua e di conseguenza per tutta una serie di beni comuni
intoccabili, da salvare ad ogni costo, in quanto nostra (di esseri
viventi) unica fonte di vita, l'ambiente in cui viviamo. L'acqua e la
natura in cui viviamo non possono essere ancora devastate, pena la
nostra sopravvivenza. La
crescita e lo sviluppo di movimenti territoriali contro la
devastazione e lo sfruttamento dell'ambiente ha portato allo sviluppo
di tendenze atte alla gestione e controllo dei territori per un
migliore tenore di vita e benessere collettivo, il mov NO TAV
insegna.
5. Per il
divieto di chiudere produzioni in Italia per portarle all’estero,
Da
troppi anni assistiamo alla cosiddetta fuga di capitali verso i
paesi dove lo sfruttamento capitalista si esprime a livelli pressoché
mortali. Se ne vanno da qua per aprire in Cina, India, Tunisia ecc..
esempio
ultimo la strage del Bangla Desh nel crollo della fabrica delle
griffe occidentali. Prima
spremono fino all’esaurimento generazioni di operai e proletari
italiani e poi ci lasciano in brache di tela, come se tutto ciò che
è stato costruito gli appartenesse. NO
è ora di dire basta,
te ne vuoi andare va bene ma tutto il resto rimane, ci appartiene. Se
necessario fino ad arrivare a forme di autogestione, non esiste
nessuna produzione a cui gli operai non possano fare fronte
senza
padroni,
fino
alle tecnologie più avanzate, ma nessun padrone senza gli operai ed
i mezzi di produzione è in grado di portarla avanti. Da questo non
si capisce il motivo per cui non dobbiamo a produrre noi le nostre
scarpe, i nostri piatti, le nostre macchine ed utensili, energia
solare ed eolica, recupero di bio masse ecc., perchè non iniziare a
costruire i nostri spazzi di vita. Nazionalizzazione delle banche per
fermare la speculazione finanziaria.
6
Per la
messa al bando delle produzioni nocive, nucleare, petrolchimico, OGM ecc.
Queste
produzioni oltre ad essere estremamente dannose per l’ambiente e la
salute umana, garantiscono al capitale il mantenimento del monopolio
e del controllo totale sulla società umana. In pochissimi hanno il
monopolio della banca del seme, controllano ormai il quasi assoluto
della produzione alimentare mondiale. La manipolazione del seme
provoca la dipendenza e l'asservimento agli interessi dei
"produttori", milioni di ettari nel mondo sono coltivati
OGM a scopo "energetico", sotto il totale controllo delle
multinazionali, sottraendo altrettanti milioni di ettari
all'alimentazione umana nella stragrande parte dei paesi del cosi
detto terzo mondo ed
"in via di sviluppo ".
La
gestione ed il controllo su questi tipi di produzione energetica è
particolarmente difficile e necessitano di mezzi inaccessibili per
una gestione popolare,perlomeno in questa società, oltre ad essere
stretti strumenti di dominio e di controllo, per la loro essenza
centralizzatrice, sono incompatibili con i più bassi e basilari
concetti di benessere
sociale generale,
sono ormai strumenti necessari solo a mantenere in vita il connubio
potere
capitalista
-devastazione
dell'ambiente
e
dell'umanità. Sono
ormai incalcolabili i danni prodotti da queste tecnologie, da questo
modello di sviluppo.
7
Per
il nostro sogno:
UNA
SOCIETA’ SENZA PADRONI
ci
sembra necessario puntualizzare, che tutto quanto proposto finora,
noi lo consideriamo, non come il nostro sogno, ma come un passo per
intraprenderne la strada, come iniziare a costruire
le condizioni minime necessarie per
poter dare una scrollata al sistema. Consideriamo realmente al minimo
una proposta di questo tipo, ci sembra necessario partire con i
piedi per terra, e far vivere nella costruzione del percorso
collettivo tutti gli elementi di novità che saremo capaci di
costruire proponendo tutti ed ognuno parte del nostro sogno.
Costruire insomma anche le basi di tutta quella cultura, forma della
vita sociale che nel percorso sempre più ci porterà a
differenziarci ed essere alternativi e questo sistema putrescente.
NON
E' LA COSCENZA DEGLI UOMINI CHE DETERMINA IL LORO ESSERE,
MA,
AL CONTRARIO,
E'
IL LORO ESSERE SOCIALE CHE DETERMINA LA LORO COSCIENZA
La
proposta va necessariamente esposta anche da un punto di vista
organizzativo. Anche perché ci sembra troppo facile, lamentarsi
della situazione, proporre idee, ed arrivare a dire al resto
pensateci voi. Facciamo subito chiarezza, non abbiamo la soluzione,
non crediamo di avere tutte le soluzioni, abbiamo però la pretesa di
poter affermare:.. la necessità di costruire un percorso collettivo
mai come ora si è posta in forma così evidente,... Questo ci ha
portato a cercare la soluzione per mettere in sintonia prima noi
stessi con la realtà in cui viviamo e dopo, con tutte le situazioni
a cui ci siamo relazionati ed incontrati.
Quello
che ci sembra necessario è che ogni situazione debba essere
salvaguardata al massimo nella sua specificità, abbiamo quindi
bisogno di un "organismo" capace di contenere diversità e
far vivere contemporaneamente un rapporto di scambio tra tutti ed
ognuno, che serva da cassa di risonanza per tutte le situazioni, che
possa essere punto di riferimento di segni, di espressioni e di
lotte, al di là dei territori e delle situazioni da tutti noi
battute. allargando così gli orizzonti di ognuno di noi e di noi
tutti. L'essere umano come tante altre specie, è un essere sociale,
vive in grossi branchi, che fino ad oggi gli hanno garantito la
sopravvivenza. Il capitalismo ci ha disumanizzato, scomponendoci, da
una parte tende a renderci unici, ognuno per se, dall'altra ci
uniforma, collettivizzandoci le sorti, sfruttamento e morte. Sta a
noi riumanizarci, metterci insieme per progettare e costruire futuro.
Dal
punto di vista organizzativo, non pretendiamo di dare la giusta linea
a nessuno, ma abbiamo la pretesa di guardarci intorno ed anche di
poter dire la nostra sulla situazione che viviamo e vediamo.
Assistiamo
oggi ad un grande fermento, nel territorio italiano, una decina di
partiti comunisti "portatori" della giusta linea, e della
verità oggettiva. Movimenti sociali popolari che si organizzano su
beni comuni, difesa del territorio, contro le discariche ecc, una
miriade di situazioni, collettivi, organismi vari di lotta e
sindacali che si pongono più o meno in termini di lotta antagonista
al sistema attuale. Collettivi redazionali di riviste, bollettini, e
giornali. Una ricchezza di espressioni e contenuti che vive la
dispersione più incredibile, la separazione più netta, l'incapacità
generalizzata di affrontare un percorso collettivo quanto mai
necessario.
Partendo
dalla constatazione, senza voler togliere il valore che hanno, che
nessuno dei partiti comunisti presenti sul territorio nazionale
nonostante la loro tenacia ed internità a percorsi di lotta
purtroppo parziali, è in grado di essere momento di sintesi e
direzione dello scontro di classe, tanto meno i vari movimenti
territoriali e non, che si esprimono nel territorio riescono ad
uscire dalla specificità della loro azione, scontrandosi invece con
la complessività del potere capitalista, per arrivare all'universo
di collettivi e situazioni parziali che, nonostante le capacità di
molti compagni formatisi dentro di queste, non hanno nessuna
possibilità di uscire dal proprio ghetto se non attraverso dei
"momenti eclatanti" che però non danno respiro al loro
agire.
Siamo
profondamente convinti che dentro ad una situazione di dispersione e
parzialità generalizzata come questa che stiamo vivendo sia
necessario trovare la molla che ci dia la spinta per la costruzione
di un punto di riferimento collettivo, di un fronte unito proletario,
combattivo, che attraverso la proposizione di un programma minimo
collettivo possa dare il via alla costruzione delle basi per la
realizzazione del "sogno collettivo". Quello che proponiamo
è un contenitore che possa essere punto di riferimento politico ed
organizzativo e che, vista la realtà che viviamo lasci lo spazio, ad
ogni situazione più o meno organizzata, per poter continuare a
crescere sulla propria esperienza e secondo i propri sistemi e canoni
di intervento, un contenitore che possa racchiudere dentro di se le
mille diversità esaltando tutti quegli elementi di unità nella
persecuzione di un programma minimo collettivo, e nella realizzazione
del sogno. Questo può permettere sicuramente uno scambio di
esperienze e di comunicazione che potenzia al massimo la crescita di
ogni singola situazione, sia come arricchimento soggettivo che come
possibilità di visibilità e di relazione con il corpo sociale di
riferimento.
Da
sognatori ci piace immaginare una rete di situazioni che partendo
ognuno dalla propria specificità affronta il mondo con la coscienza
di non essere soli, ci piace immaginare un territorio dove il
pendolare, lo studente, il lavoratore di qualsiasi settore nel suo
pellegrinare nell'area metropolitana e nel territorio tutto, ritrovi
mille segnali ed immagini che lo ricollegano immediatamente al suo
territorio, alla situazione di lotta più vicina, il compagno di
scuola di lavoro o di quartiere, moltiplicando così le possibilità
di comunicazione, moltiplicando le possibilità di collegamento tra
le lotte. Per un ragazzo del Ghetto ritrovare dei punti di
riferimento conosciuti lontano da casa può significare trovare la
capacità di rompere il ghetto, sia sociale che politico. Un
contenitore di questo tipo può significare dare respiro ad ogni
situazione, non perdere la propria specificità, non perdere i propri
punti di riferimento, al contrario, nella persecuzione del programma
minimo, può dare spazio alle possibilità di interagire nelle
tematiche generali con una miriade di situazioni sparse in tutto il
territorio, può portare a non sentirsi più persi od isolati nella
grande battaglia contro il nemico che affrontato ognuno per se ci
sembra immane,esagerato e ci fà sentire persi ed impotenti, siamo
tanti, tantissimi e tutti insieme possiamo farcela.
Riteniamo
quindi necessario affrontare con tantissimi, tutti insieme il
processo di costruzione di questo contenitore che a noi piace
chiamare fronte popolare per la realizzazione del sogno, un
mondo senza padroni.
L'internità al fronte non sarebbe quindi interdetta a nessuno, solo a chi si oppone al cambio sociale in termini di anticapitalismo, cioè, chi vuole "ben gestire" il sistema attuale.
L'internità al fronte non sarebbe quindi interdetta a nessuno, solo a chi si oppone al cambio sociale in termini di anticapitalismo, cioè, chi vuole "ben gestire" il sistema attuale.
Da
chi si pone come partito a chi parte dalla sua specificità, nella
persecuzione del programma minimo e del sogno, le diversità si
andranno a misurare con una pratica generalizzata che tende al
cambiamento e che inesorabilmente nel suo crescere produrrà dei
cambiamenti all'interno di ogni situazione, di ognuno di noi. Negare
la necessità del cambiamento, di dover uscire dal soggettivismo e
dalle specificità, negare la rottura del ghetto significa negare la
possibilità di cambiamento, negare la dialettica materialista,
negare la possibilità di costruire l'alternativa di vita al sistema
di sfruttamento al capitalismo stesso, ovvero continuiamo
a prenderci in giro.
PER
LA COSTRUZIONE DEL FRONTE POPOLARE ANTICAPITALISTA.
costruiamo
insieme l'ipotesi di un FRONTE
POPOLARE RIVOLUZIONARIO, come
strumento per la realizzazione del programma minimo. il Fronte
consente ad ogni situazione che possa riconoscersi nel programma
minimo di amplificare la propria voce di proporsi e di far vivere la
propria essenza in tutte le altre situazioni, per contro farsi forza
del Fronte e quindi di tutti coloro che vi partecipano, per meglio
radicarsi nella propria situazione forti dell'esperienza e della
forza collettiva..
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